Natura e possibilità della santità

+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

‘Siate santi perché Io sono santo’ dice il Signore quattro volte nel libro Levitico; e Nostro Signore Gesù Cristo ci dice nel vangelo di san Matteo (5): ‘Siate voi dunque perfetti, come è perfetto il Padre vostro celeste.’ La santità e la perfezione sono di fatti la stessa cosa, perché la santità è nient’altro che la perfezione dell’amore. Questa perfezione viene descritta nel vangelo di san Marco (12) con le parole seguenti: ‘Amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, e con tutta la tua forza… ed il prossimo tuo come te stesso.’

Qualcuno può obiettare però che non si può divenire perfetti: è perfetto solo Dio. Rispondiamo dicendo che ci sono due tipi di perfezione: la perfezione di Dio che è una perfezione assoluta, e la perfezione dell’uomo che è una perfezione partecipata, ovvero alla perfezione di Dio; ed una perfezione relativa, ovvero alla natura umana. Questa perfezione partecipata e relativa è possibile per noi, anche se non proviene da noi, bensì da Dio solo, tramite la Grazia.

Un’altra obiezione eventuale all’idea di una chiamata alla santità è di ordine più personale: ‘Io divenire santo? Impossibile! Non sarei mai io un san Francesco, un sant’Antonio, una santa Caterina da Siena, una santa Gemma Galgani! Sono debile, mediocre, non sarebbe mai possible.’ Bisogna rispondere che Dio non chiede mai l’impossibile: se ci chiede di divenire santi, dev’essere possibile – ma come? Troviamone la soluzione nella parabola dei talenti (Mt. 25) di cui citiamo adesso solo una parte: ‘… colui che aveva ricevuto cinque talenti ne presentò altri cinque, dicendo: ‘Signore, mi hai consegnato cinque talenti, ecco ne ho gaudagnato altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prende parte alla gioia del tuo padrone. Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele in poco, ti darò autorità su molto; prende parte alla gioia del tuo padrone…’

Intendiamo questa parabola dunque con rapporto alla santità. I talenti sono la capacità per essa: colui che ne riceve cinque, ne riceve una capacità grande; colui che ne riceve due, riceve una capacità meno grande; chi invece ne riceve solo uno riceve una capacità ancor meno grande. Il Signore dà ad ognuno una determinata capacità per la santità, e vuole che ognuno se ne serva pienamente: ciò che avevano fatto i servi che avevano ricevuto i cinque ed i due talenti. Il fatto che ognuno di loro si è servito pienamente della capacità – il fatto che la sua santità correspose alla sua capacità – si manifesta nella quantità di talenti che acquistava: colui che ne aveva ricevuti cinque, acquistava ancora cinque; colui che ne aveva ricevuti due, acquistava ancora due. Il fatto che ognuno di loro divenne santo si manifesta nelle parole identiche che indirizzava a loro il padrone: ‘Bene, servo buono e fedele, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prende parte alla gioia del tuo padrone.’ Il servo cattivo invece, come si ricorderà, non si serviva della capacità sua e quindi venne dannato.

I grandi santi, quelli canonizzati, ne hanno ricevuto una grande capacità, e l’hanno esercitata pienamente; noi invece che ne abbiamo ricevuto una capacità meno grande, dobbiamo comunque esercitarla pienamente, che con la Grazia di Dio e con l’intercessione della Madonna e di tutti i santi sicuramente lo faremo alla Gloria della santissima, una ed indivisa Trinità. Amen. Deo gratias!