Giudizio Universale

SECONDO IL CATECHISMO DI TRENTO

 

+In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

C’è un duplice giudizio: uno particolare e uno generale. Il giudizio particolare avviene subito dopo la nostra morte, quando ognuno di noi si farà giustissimo esame davanti a Dio di quanto ha operato, detto e pensato; il giudizio generale avviene alla fine del mondo davanti a tutte le persone che hanno vissuto o vivranno su questa terra. Dopo il giudizio particolare l’anima sarà consegnata al paradiso, all’inferno o al purgatorio; dopo il giudizio generale l’anima riunita al corpo procederà al paradiso o all’inferno (poiché il purgatorio non durerà che fino al giudizio generale). Il duplice giudizio corrisponde al duplice carattere dell’uomo che è allo stesso tempo individuale e membro della società umana. Nel giudizio particolare sarà giudicato come individuo; nel giudizio generale sarà giudicato come membro delle società.

Le ragioni del giudizio generale (o universale) sono umane e divine: derivando dalla condizione umana e dalla volontà di Dio.

Ora la condizione umana è tale che tutto ciò che facciamo e diciamo può avere un effetto buono o cattivo sugli altri: mediante il nostro comportamento e le nostre parole diamo un esempio a tutti coloro che ci osservano o ascoltano. I nostri figli, amici, dipendenti eccetera, se ci apprezzano, tendono a imitarci. Se viviamo moralmente e bene, esercitiamo una buona influenza su di loro; se non viviamo moralmente e bene, esercitiamo una cattiva influenza su di loro. Ma non solo questo, ma anche i nostri atti puramente mentali possono influire sugli altri: le nostre preghiere per esempio, le maledizioni o il male che avremmo potuto augurare loro. La giustizia esige che questo bene o male venga scrupolosamente indagato e ciò esige un giudizio universale.

La giustizia esige in più che i giusti ricuperino innanzi all’assemblea di tutti gli uomini la loro fama che è spesso lesa, mentre gli ingiusti che godono spesso della buona riputazione siano rivelati come sono in realtà. Finalmente poiché facciamo il bene o il male con anima e corpo è giusto anche ricevere la nostra ricompensa (della gloria o del castigo eterno) con anima e corpo. Ciò richiede una risurrezione universale antecedente.

La ragione divina del giudizio universale è di mostrare l’infinita sapienza e giustizia di Dio attraverso la storia umana: di strappare i veli dell’ignoranza degli uomini e la loro sfiducia nella sua misericordia per rivelare l’amore e la provvidenza paterna di Dio: come un filo d’oro nella tappezzeria della storia: dalla creazione dell’uomo fino alla fine del tempo.

L’esito del giudizio generale è il paradiso o l’inferno. Ai giusti nostro Signore Gesù Cristo, Re e Giudice di tutto il genere umano, dirà:”Venite benedetti dal Padre mio, possedete il regno preparato a voi fino dalla fondazione del mondo”; agli ingiusti dirà: “Via da me maledetti, al fuoco eterno, preparato per il diavolo ed i suoi angeli.” Qui le prime parole “via da me” esprimono la pena del danno per la quale gli empi saranno privati per sempre dalla luce della visione divina; “maledetti” significa che la loro disgrazia non sarà alleviata ma piuttosto accompagnata da ogni maledizione. Le parole “al fuoco eterno” esprimono la pena del senso nell’inferno paragonabile con il più acerbo dolore sensibile della terra. Le parole “preparato per il diavolo e per i suoi angeli” esprimono la mancanza totale di ogni consolazione o sollievo perché la compagnia dei diavoli non può che aumentare la nostra miseria.

L’Inferno

12333

+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

Sulle pene dell’Inferno scrive papa Benedetto XII nell Costituzione Benedictus Deus (1336): ‘Secondo l’ordinazione comune di Dio, le anime di coloro che muoino nel peccato mortale attuale scendono subito dopo la morte in Inferno, dove vengono tormentati di pene infernali.’ Secundum Dei ordinationem communem, animae decedentium in actuali peccato mortali mox post mortem suam ad inferna descendunt, ubi poenis infernalibus cruciantur.

1. Le Pene dell’Inferno

L’Inferno è principalmente il luogo di punizione per il peccato mortale. Questo peccato consiste nell’amare la creatura fino ad abbandonare Dio; viene definito come la conversione alla creatura e l’aversione da Dio: Conversio ad creaturam, aversio a Deo. La conversione alla creatura viene punita con la pena del senso, mentre l’aversione da Dio viene punita con la pena del danno.

a) La Pena del senso

La pena del senso affligge il peccatore principalmente nei sensi tramite cui ha offeso Dio, ma anche piu’ generalmente in tutti i cinque sensi. Tra le molte cose che potremmo dire su queste pene ci limitiamo solo ai sensi dell’olfatto e del tocco.

Quanto all’olfatto, i dannati emettono un puzzo così insopportabile, che, secondo San Bonaventura, se il corpo di un solo dannato fosse tirato fuori dall’Inferno, basterebbe a far morire per il miasma tutti gli uomini. Quanto al tocco, la pena caratteristica dell’Inferno è quella del fuoco, in quanto su questa terra la pena del fuoco è la peggiore di tutte. Ma c’è una tale differenza tra il nostro fuoco e quello dell’Inferno che il nostro sembrerebbe un dipinto in confronto a quello dell’Inferno, dice sant’Agostino, o freddo, come dice San Vincenzo Ferreri.

Un’altra pena particolare dell’Inferno è l’immobilità, espressa nelle parole dell’Apocalisse: ‘Egli pigerà nel tino il vino dell’ira furiosa del Dio onnipotente.’ Cioè il dannato dovrà restare per sempre nella medesima posizione in cui sarà caduto nell’Inferno nel giorno di Giudizio, senza poter cambiare posto, nè muovere più un piede o una mano, finchè Dio sarà Dio.

b) La Pena del danno

La pena del danno invece è la pena di aver perso Dio. Sant’Antonino scrive che non appena l’anima esce da questo mondo, capisce subito di essere stata creata per Dio. Perciò si slancia subito per andare ad abbracciare il Sommo Bene, il suo unico bene, ma essendo in peccato, verrà cacciata via da Dio. Tutto il suo Inferno consisterà nel rendersi conto che Dio è il Sommo Bene, degno di infinito amore, ma di trovarsi poi costretto ad odiarLo. Odi et amo, scrive il poeta romano… et excrucior: Odio ed amo, e ciò mi crocifigge.

2. L’Eternità dell’Inferno

Il peccato mortale è un’offesa infinita a Dio che richiede una punizione infinita, ma come la creatura non è in grado di subire una pena infinita nell’intensità, Dio ha giustamente disposto, spiega san Tommaso, che la sua pena sia infinita in estensione, cioè nella durata temporale.

Se fosse concesso ad un uomo di godersi di tutte le gioie di questa terra ogni giorno della sua vita, tranne per un’ora all’anno quando sarebbe orribilmente torturato, chi sarebbe così sciocco ad accettare una tale proposta? Ma la pena dell’Inferno non dura solo un’ora ma è eterna, e dopo migliaia di milioni di anni questa pena non avrà ancora cominciato.

Dall’Inferno non c’è scappatoio: non c’è ‘forse’. Se un’Angelo scendesse ad un dannato: ‘Uscirai dall’Inferno solo quando saranno passati tanti secoli quante sono le gocce dell’acqua del mare, le fronde degli alberi, ed i granelli della sabbia sul litore del mare’, sarebbe riempito di una gioa indicibile, ma questo termine non sarà mai. La tromba della divina giustizia di Dio non suonerà all’Inferno altro che: ‘Sempre, sempre, mai, mai.’

3. Il rimorso del dannato

Secondo San Tommaso ‘Il verme che non muore’ nella parola del Signore è il rimorso della coscienza. I rimorsi che tormenteranno di più il cuore dei malvagi saranno tre:

i) il poco per cui essi sono sati dannati;
ii) il poco che avrebbero potuto fare per salvarsi;
iii) il bene immenso che hanno perso.

Quanto al poco per cui si è dannato ed il poco che avrebbe potuto fare per salvarsi, l’infelice esclamera’: ‘Se io mi fossi mortificato e non avessi guardato quel certo oggetto; se avessi vinto il rispetto umano ed avessi evitato quell’occasione, quell’amico, o quella compagnia; non mi sarei dannato, non sarei ricaduto in peccato. Se mi fossi confessato ogni settimana ed avessi frequentato buona compagnia; se avessi letto ogni giorno una pagina di spiritualità e mi fossi raccommandato a Gesù e Maria.

Quanto al bene immenso che ha perso: ‘Ciò che in eterno affligerà di più il dannato, sarà vedere che ha perso il Cielo ed il Sommo Bene, cioè Dio, non già per sfortuna, o per ostilità degli altri, ma per propria colpa. Si accorgerà che era in suo potere, se solo avesse voluto, divenire eternamente felice: ma si renderà conto che lui stesso ha voluto invece precipitarsi con le proprie mani in quell’abisso di tormenti dal quale non potrà più uscire per tutta l’eternità.

Questi rimorsi saranno esacerbati dal ricordo di tutti i mezzi che Dio aveva dato al peccatore per salvarsi: l’esempio di amici virtuosi, i doni di natura: quali la buona salute, i beni materiali, i talenti che il Signore gli aveva dato allo scopo di impiegarli bene e farsi santo; e poi i doni della grazia: tanti lumi, tante ispirazioni e chiamate, tanti anni concessi per rimediare al male compiuto. ‘Che spade crudeli saranno tutte queste grazie ricevute per il cuore del povero dannato’ dice Sant’Alfonso, ‘quando vedrà che è finito il tempo in cui era possibile rimediare alla sua rovina eterna. Dovrà ammettere, nelle parole di Geremia: ‘È passata la stagione della messe, è finita l’estate, e noi non siamo salvati’.

*

‘Fratello mio’, dice il Santo, ‘se nel passato anche tu sei stato così stolto che hai voluto perdere il Paradiso e Dio per un infimo piacere, fà in modo di cercare presto un rimedio ora che c’e’ il tempo. Non voler continuare ad essere pazzo. Trema al pensiero di andare a piangere la tua pazzia in eterno’.

‘Chissà se questa riflessione… è l’ultima chiamata che Dio ti da. Chissà se ora non cambi vita, che il Signore non ti abbandoni al prossimo peccato mortale che commetterai.’

Nelle parole dello stesso Santo: ‘Mio Sommo Bene, quante volte Vi ho perso per un nonnulla, e ho meritato di perderVi per sempre! Ma mi consola sentire quello che scrive l’autore sacro: ‘Gioisca il cuore di chi cerca il Signore… O Maria, donatrice di pace ai peccatori, concedetemi di far pace con Dio. E poi tenetemi stretto sotto il Vostro manto, affinchè io non Lo perda piu’’.

 

Il Giudizio particolare

+ In nomine Patris et Fillii et Spiritus Sancti. Amen.

1. La comparsa davanti al Giudice

Secondo l’opinione comune dei teologi, il Giudizio particolare avviene al momento stesso, e nel medesimo luogo, della morte. Sarà Nostro Signore Stesso a giudicare l’anima, e verrà ‘ai buoni nell’amore, ma agli empi con tremore’ nella parola di Sant’Agostino. Per gli empi la condanna si annunzierà già dall’apparenza del Giudice: ‘L’ira del Re è messaggero di morte’ (Proverbi 16.14). ‘Che pena… provera’ l’anima nel vedere Gesu’, osserva Sant’Alfonso, ‘il Quale essa ha disprezzato durante la vita! Volgeranno lo sguardo a Colui che hanno trafitto, e l’anima vedrà, allora adirato, senza più speranza di placarci, Lui, l’Agnello, il Quale ha avuto tanta pazienza durante la vita.’

Il Giudice verrà a giudicarli con le stesse piaghe con le quali lasciò questa terra. ‘Grande gioia di chi lo contempla, esclama l’Abbate Ruperto, grande timore di chi Lo attende’: le sue piaghe consoleranno i giusti ma spaventeranno i peccatori. Che cosa risponderà il peccatore a Gesù Cristo sotto l’aspetto della Sua Passione? La Sue sante piaghe diranno: Guardate l’effetto del tuo peccato e malvagita’! Guardate le fonti di perdono per coloro che si pentono! Guardate e tremete il tuo peccato e la tua impenitenza’.

2. L’Accusa

‘La corte sedette e i libri furono aperti’. I libri di cui parla l’Apocalisse saranno due: il vangelo e la coscienza. Nel vangelo si leggerà quanto l’accusato avrebbe dovuto fare; nella coscienza quanto ha fatto. Sulla bilancia poi della divina Giustizia, non saranno pesate né le ricchezze, né il prestigio, né la nobilità dei singoli, ma solo le opere.

Giungeranno allora gli accusatori, e per primo il demonio. Sant’ Agostino scrive: ‘Ci getterà in faccia tutto ciò che abbiamo fatto, in quale giorno e in quale ora abbiamo peccato.’ Quindi dirà al Giudice nelle parole di san Cipriano: ‘Io non ho sopportato per costoro né gli schiaffi, né i flagelli… O Signore, per questo reo io non ho patito nulla. Egli però ha abbandonato Voi Che siete morto per salvarlo, per farsi mio schiavo; e per tale ragione me lo prendo io.’

Anche gli angeli custodi lo accuseranno, come afferma Origine, testimoniando di quanti anni abbiano faticato attorno a lui in vano. Lo accuseranno atresi’ le mure tra le quali ha peccato, la coscienza, ed anche i peccati medesimi. Questi diranno, nella parole di San Bernardo: ‘Tu ci hai generati, siamo tue creature: non ci separeremo da te.’ Saranno in fine le piaghe stesse di Gesù ad accusare il reo secondo San Giovanni Crisostomo: ‘I chiodi si lamenteranno di te, le piaghe parleranno a tuo sfavore, la Croce di Cristo pronunziera’ il discorso finale contro di te.’

3. L’esame

Il Signore dice nel libro di Habakkuk: ‘In quel tempo perlustrerà Gerusalemme con lanterne’. La luce della lanterna, infatti, penetra in tutti angoli della casa. Padre Cornelio a Lapide spiega che Dio porrà davanti al reo gli esempi dei santi e ogni lume ed ispirazione che gli aveva dato durante la vita, come pure tutti gli anni concessi a lui per fare il bene.

Cosicchè in quel momento tu dovrai rendere conto di ogni sguardo, come ammonisce Sant’Anselmo, di ogni mancanza anche nelle opere buone: nelle confessioni nelle Sante comunioni e in tutte le altre. E ‘Se il giusto a stento si salverà’, dice San Pietro, ‘che ne sarà dell’empio e del peccatore?’ ‘Se si deve rendere conto di ogni parola oziosa, quale conto si dovrà rendere’, ci chiede San Gregorio, ‘per aver acconsentito a tanti cattivi pensieri ed a tante parole oscene?’

4. La sentenza

Infine, al momento del Giudizio, bisogna che l’anima abbia condotto una vita conforme alla vita di Gesù Cristo, per poter raggiungere la salvezza eterna. Cosa farà il peccatore? Farà come quel tale del vangelo, che giunse al banchetto senza le veste nuziale: tacque, non sapendo cosa rispondere. Il suo stesso peccato gli chiudera’ la bocca: ‘Ogni iniquità chiude la sua bocca’ (Ps. 106. 42).

Ecco alla fine il Giudice emettera’ la sentenza: ‘Venite benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo!’; oppure ‘Via da me maledetti nel fuoco eterno!’

Sant’ Eusebio dice che lo spavento dei peccatori nel momento in cui sentiranno il Giudice emettere la condanna sara’ tale, che se non fossero immortali, morirebbero di nuovo. San Tommaso da Villanova aggiunge: ‘Non ci sara’ più possibilità di pregare: non ci saranno più intercessori a cui ricorrere, né un amico, né il proprio padre. A chi dunque ricorreranno i malvagi? A Dio Che hanno disprezzato? Ai santi protettori o alla Madonna? Ma gli astri (che sono i santi) ‘cadranno dal cielo’, e la luna, che è la Madonna, ‘non dara’ più la sua luce’. ‘Maria’ dice Sant’Agostino, ‘si allontanerà dalla porta del Paradiso’.

*

‘Ahimè! con quanta sicurezza facciamo ed ascoltiamo questi discorsi, come se questa sentenza non ci riguardasse, o come se quel giorno non dovesse mai giungere’, dice San Tommaso da Villanova. Ma come sappiamo che anche noi non saremo condannati all’Inferno? Tanti dannati non prevedevano che sarebbero mandati in Inferno.

E cosa dobbiamo fare, quindi? Dobbiamo far quadrare i conti prima del Giudizio. San Bonaventura fa notare che i commercianti accorti spesso rivedono e fanno quadrare i conti per non andare in fallimento. ‘O mio Giudice’ dice Sant’Alfonso, ‘voglio che me giudichiate e mi puniate ora durante la vita: ora che e’ tempo di misericordia e mi potete perdonare, perche’ dopo la morte sara’ tempo di giustizia.

‘Sì, mio Dio, mi pento di cuore per tutte le ingiurie che Vi ho fatto. Giudicatemi dunque ora, o mio Redentore. Io detesto sopra ogni male, tutti i dispiaceri che Vi ho dato. Vi amo con tutto il mio cuore sopra ogni cosa. Propongo di amarVi sempre, e di morire piuttosto che di offenderVi. Maria, Madre mia, Vi ringrazio di tante misericordie che mi avete ottenute. Continuate a proteggermi sino alla fine’. Amen.

Giudizio Universale

SECONDO SANT’ALFONSO DE LIGUORI

 

+ In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti. Amen.

“Oggi, se facciamo ben attenzione, dice sant’Alfonso, non c’è persona al mondo più disprezzata di Gesù Cristo+; il Suo santo Nome viene da tanti pronunziato solo in momenti di sorpresa, o di ira; la Sua Divinità e il Suo divin Sacrificio per cui ha salvato il mondo in mezzo ai dolori più atroci, sono disonorati. Il Suo Corpo mistico, la Chiesa, oltraggiato dai nemici esterni ed interni, e tutto questo ‘come ci fosse niente che potesse fare l’Onnipotente’, nella parola del santo Profeta Giobbe.

Ma il Redentore ha destinato un giorno, chiamato dalle Scritture “il Giorno del Signore”, in cui Gesù Cristo si manifesterà come realmente è nella Gloria della Sua Maestà, quando, nella parola del Salmo: ‘si manifesterà facendo giustizia’. Questo giorno non sarà più chiamato “Giorno di misericordia” né di perdono, ma “Giorno di ira”: ‘Dies irae, dies tribulationis et angustiae, dies calamitatis et miseriae’, così il Profeta Sofonia, come ripresa nella sequenza Dies Irae. In questo giorno, che è il giorno del Giudizio Universale, il Signore ristabilirà il Suo onore che i peccatori su questa terra hanno cercato di toglierGli.

Allo stesso tempo tutti gli uomini saranno giudicati, non da individui come nel Giudizio Particolare, bensì nel loro rapporto agli altri; e tutte le loro azioni, buone e cattive, saranno palesate.

Vediamo ora come si svolgerà quell’ultimo giorno della storia umana.

1. L’Incendio

Prima del suo arrivo verrà il fuoco dal cielo e brucerà la terra intera, corrotta come è stata dai peccati: Ecco la fine cui andranno incontro tutte le ricchezze, i lussi, e le raffinatezze di questo mondo.

2. La Risurrezione dei morti

Suonerà la tromba ed i morti risorgeranno (1Cor15, 22-58). Le Anime dei beati scenderanno dal cielo per riunirsi ai loro corpi con cui hanno servito Dio in questa vita, che splenderanno allora come il sole nella bellezza della loro santità; le anime dei dannati invece saliranno dall’Inferno per riunirsi ai loro corpi maledetti, con i quali hanno offeso Dio e che appariranno deformi, neri, e puzzolenti.

3. Il Raduno

Gli uomini si raduneranno nella valle di Josaphat per essere giudicati. Gli Angeli separeranno i cattivi dai buoni: i cattivi alla sinistra, i giusti alla destra. I cattivi che per aver fatto una breve apparizione sulla scena di questo mondo, dovranno poi far la parte dei dannati nella tragedia del Giudizio; mentre gli eletti, a loro maggiore gloria, secondo l’Apostolo Paolo, saranno sollevati in aria sopra le nubi per andare incontro, con gli Angeli, a Gesù Cristo.

4. L’Arrivo degli Angeli

I Cieli si aprono e gli Angeli scendono ad assistere al Giudizio portando i segni della Passione del Signore, come dice San Tommaso d’Aquino: “Veniente Domino ad iudicium, signum crucis, et alia passionis indicia demonstrabuntur”. Padre Cornelius a Lapide scrive: Oh come allora al veder la Croce piangeranno i peccatori, che in vita non fecero conto della loro salute eterna, che tanto costò al Figlio di Dio! “Plangent qui salutem suam, quae Christo tam cara stetit, neglexerint”.

5. L’Arrivo dei Beati

Gli Apostoli e la Regina degli Angeli e dei Santi giungeranno ad assistere al Giudizio, e alla fine l’Eterno Giudice arriverà in un trono di luce e di maestà: ‘Vedranno il Figlio dell’Uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria, e davanti a Lui tremeranno i popoli’.

Per i dannati sarà meglio sopportare le pene dell’Inferno che la presenza del Signore in questo giorno, come dice San Girolamo: La vista di Gesù Cristo consolerà gli eletti, ma a’ reprobi ella apporterà più pena che lo stesso Inferno: “Damnatis melius esset inferni poenas, quam Domini praesentiam ferre”. E come dice anche San Basilio: “Superat omnem poenam confusio ista”. Allora avverrà quel che predisse S. Giovanni, che i dannati pregheranno i monti a cader loro sopra e nasconderli dalla vista del loro Giudice irato: “Dicent autem montibus: Cadite super nos, et abscondite nos a facie sedentis super thronum, et ab ira Agni” (Apoc 6,6).

6. Il Processo

La Corte si siede e i libri vengono aperti. I Libri sono le coscienze di ogni individuo che insieme agli Angeli e ai Diavoli, daranno testimonianza della loro condotta su questa terra. Il Maestro delle Sentenze ed altri commentatori dicono che i peccati degli eletti non saranno manifestati per un atto di misericordia divina, mentre secondo San Basilio i peccati dei reprobi saranno tutti visti con un unico colpo d’occhio, come in un quadro.

7. La Sentenza

Ai Giusti il Giudice dirà: ‘Venite figli benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il Regno preparato per voi sin dalla fondazione del mondo’ (Mt.25,34). Io benedico il Sangue che ho sparso, dirà il Signore, per voi; benedico le lagrime che avete versato per i vostri peccati. Anche la Madonna Santissima benedirà i Suoi devoti e li inviterà a salire con Lei in Paradiso.

Ai Dannati invece, l’Eterno Giudice dirà: Via lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno (Mt.25,41). Dopo questa sentenza, dice S. Ephrem, i reprobi si licenzieranno dagli angeli, da’ santi, da’ congiunti e dalla divina Madre; poi in mezzo alla valle si aprirà un grande abisso nel quale cadranno insieme i Demoni e i Dannati per non uscirne mai più in eterno.

*

“Mio Salvatore e Dio – prega sant’Alfonso – quale sarà la sentenza che mi toccherà in quel giorno se ora, Gesù mio, mi domandaste conto della mia vita? Che altro risponderVi se non che merito mille volte l’inferno. Oh Gesù mio! Voi condannate i peccatori ostinati, non certo quelli che si pentono e Vi vogliono amare! Eccomi pentito ai Vostri piedi. Oh Gesù mio, salvatemi!

La mia salvezza sia amarVi sempre e sempre lodare le Vostre misericordie: canterò in eterno le misericordie del Signore – Misericordias Domini, in aeternum cantabo. Maria, Madre mia, speranza e rifugio, aiutatemi ed ottenete per me la santa perseveranza, non si è mai perduto nessuno che abbia fatto ricorso a Voi. A Voi mi raccomando: abbiate pietà di me”.