3. L’Intercessione degli Angeli per Noi

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Gli Angeli pregano Dio e offrono al Padre il sacrificio del Figlio diletto; lo fanno anche per noi. Scrive san Giovanni Crisostomo: “Quando il sacerdote all’altare offre il Sacrificio Stupendo e Sublime, gli angeli stanno accanto a lui, e tutt’intorno all’altare sono schierati cori di spiriti celesti che alzano la voce in onore della Vittima immolata. Così non sono solo gli umili mortali che invocano Dio: gli angeli si inginocchiano davanti a Lui, gli arcangeli supplicano a favore degli uomini. È il loro tempo più propizio, si può dire, quando la sacra Vittima è a loro disposizione. Per mezzo di Lui sollecitano le loro petizioni. Possiamo immaginarli parlare così: «Preghiamo, o Signore Dio, per coloro che Vostro Figlio ha tanto amato da morire per loro; supplichiamo per coloro per i quali Egli versò il Suo Preziosissimo Sangue; imploriamo la grazia per coloro per i quali ha offerto il Suo Sacratissimo Corpo in Croce».

Gli angeli offrono il sacrificio per noi; offrono anche le nostre preghiere a Dio. Ricordiamo il passo dell’Apocalisse: “Un angelo venne e si fermò davanti all’altare con un turibolo d’oro e gli fu dato molto incenso perché offrisse delle preghiere di tutti i santi sull’altare d’oro che è davanti al trono di Dio. E il fumo dell’incenso delle preghiere dei santi salì davanti a Dio dalla mano dell’angelo».

Ora l’angelo in questione può essere san Michele che è particolarmente incaricato di portare a Dio le preghiere dei fedeli; può invece simboleggiare una moltitudine di angeli, come tutti quelli che sono presenti; o addirittura può significare Nostro Signore Stesso, il Grande e Divino Angelo – “angelo” significando colui che è inviato da Dio, il che è particolarmente vero per Nostro Signore Benedetto. Infatti è Nostro Signore Stesso che offre il Sacrificio della Messa nella propria Persona per la salvezza e per il bene del popolo; ma è sufficientemente attestato che gli angeli che sono presenti ed offrono il sacrificio, offrono con esso le preghiere del popolo a Dio. Il testo della Messa che ricorda questo passo dell’Apocalisse recita: “Ti preghiamo umilmente, Dio onnipotente: ordina che [queste offerte] siano portate per le mani del Vostro angelo santo al Vostro sublime altare, al cospetto della Vostra Divina Maestà.”

P. Martin di Cochem commenta; «Facciamo dunque ciò che è in noi nell’ascoltare ogni giorno la Messa, affinché le nostre preghiere siano portate in Cielo nelle mani pure degli angeli, e supplichiamo l’Altissimo che le accolga benevolmente perdonando la nostre tante mancanze per la devozione degli spiriti celesti ai quali ci associamo”. San Leonardo da Porto Maurizio ci esorta: “Perché non imitate gli angeli che, nella celebrazione della Messa, scendono a migliaia dal Cielo e si accostano in adorazione ai nostri altari per intercedere per noi?” Deo Gratias!

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2. Come gli Angeli Assistono il Signore

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Ma non è infatti sorprendente che gli angeli accompagnino e assistano nostro Signore qui sulla terra, quando ricordiamo i principali eventi della sua vita terrena: All’incarnazione venne l’arcangelo Gabriele; alla Sua nascita apparve nel cielo una grande moltitudine di angeli; altri parlavano ai pastori. Allo stesso modo, gli angeli Lo servirono all’inizio del Suo ministero pubblico; un angelo venne da Lui nell’orto di Getsemani; altri erano presenti nella Tomba e all’Ascensione. Sicuramente molti furono presenti anche alla Sua morte, come grandi artisti hanno rappresentato nei loro quadri, sebbene ciò non sia raccontato nei Vangeli. Quindi non dobbiamo stupirci di sentire nella liturgia dell’apostolo san Giacomo: “Tutti tacciano e tremino di timore, e ritraggano i pensieri dalle cose terrene, perché il Re dei re, il Signore dei signori sta per venire per essere immolato sull’altare e per essere dato in pasto ai fedeli. I cori degli angeli gli vanno davanti con maestà e potenza, coprendosi il volto e cantando cantici di gioia e di esultanza».

Ma se così adorano Nostro Signore quando entra nella chiesa, come Lo adoreranno nel momento della sua immolazione? Leggiamo della loro azione durante la Santa Messa come di “concelebrazione”, tanto intimamente assistono e si uniscono ai sacri misteri che si compiono sull’altare. Tremunt potestates: le potenze del cielo tremano. Santa Brigida ebbe il privilegio di assistere in ispirito a ciò che avvenne nell’alto dei Cieli durante la consacrazione. Ella narra come vide l’Ostia Santissima, sotto le sembianze di un Agnello, avvolta dalle fiamme e circondata da angeli innumerevoli come particelle di polvere in un raggio di sole, adorarLo e servirLo come facevano anche una moltitudine innumerevole di Beati. Udì le stelle del firmamento e tutte le potenze del Cielo che facevano dolce melodia mentre si muovevano sui loro percorsi prestabiliti… l’armonia risuonava in lungo e in largo: con essa si mescolavano le voci di innumerevoli spiriti celesti, cantando in toni di ineffabile dolcezza. I cori angelici rendevano umile riverenza al sacerdote; i diavoli tremavano di paura e fuggivano sgomenti. P. Martin von Cochem annota nel suo libro sulla Santa Messa, da cui queste considerazioni sono principalmente tratte: «Come i nemici di Cristo caddero a terra quando pronunciò le parole: “Sono io”, così quando le parole sono pronunciate: “Questo è il Mio Corpo” i demòni si voltano e fuggono.” Deo Gratias!

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1. La Presenza degli Angeli alla santa Messa

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Innanzitutto dovremmo notare che gli angeli ci osservano mentre ci dirigiamo verso la Messa e mentre la assistiamo. Dice sant’Agostino: “Ogni passo che facciamo sulla strada per la Santa Messa è contato da un angelo e riceverà da Dio la più alta ricompensa sia in questa vita che nell’eternità”. Santa Gertrude la Grande vide come gli angeli osservavano e annotavano la devozione con cui i fedeli assistevano alla liturgia.

Gli angeli ci osservano nel cammino verso la Messa e nella Messa, ma sono presenti alla Messa principalmente per pregare Dio e per presentarGli le nostre preghiere. Scrive san Paolo (Ebrei 12,22-29) «Voi vi siete invece accostati al monte Sion e alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste ed a miriadi di angeli, adunanza festosa… al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell’aspersione…” Il testo si applica bene alla Santa Messa dove il Sangue del Salvatore viene asperso sui fedeli, circondati come sono da molte migliaia di angeli. Possiamo quindi pregare con le parole del Re Davide: “Vi canterò lodi, o Signore, davanti agli angeli. Adorerò il Vostro santo tempio e darò gloria al Vostro Nome” (salmo 137).

Santa Mechtilde scrive che 3.000 angeli dal 7 ° coro (i Troni) sono sempre in devota presenza intorno ad ogni tabernacolo dove è custodito il Santissimo Sacramento. Senza dubbio molti di più sono presenti al Santo Sacrificio. “Non dimenticare, o uomo, dice San Giovanni Crisostomo, in quale compagnia sei al momento di questo solenne sacrificio. Stai in mezzo a Serafini, Cherubini e altri alti spiriti di alto rango.” Lo stesso santo ci ammonisce ad imitare questi spiriti eterei con le seguenti parole: “Dal profondo, dal cuore, trai una voce, fa mistero della tua preghiera. Non vedi che anche nelle case dei Re ogni tumulto è posto lontano, e grande da tutte le parti è il silenzio? Anche tu dunque, entrando come in un palazzo, non quello della terra, ma ciò che è molto più terribile, quello del Cielo, mostra grande decoro. Sì, perché sei unito ai cori ed in comunione con gli arcangeli e canti con i serafini e tutte queste tribù mostrano molto buon ordine cantando con grande soggezione quel canto mistico ed i loro sacri inni a Dio, il Re di tutti. Con questi, poi, ti associa quando preghi ed emula il loro ordine mistico». Deo Gratias!

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il frutto della santa Messa

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Tre sono le categorie di persone che approfittano del santo sacrificio della Messa: inanzitutto la santa Chiesa cattolica. Prima dunque la Chiesa trionfante, ovvero gli angeli ed i santi del Paradiso, come prega il celebrante nell’offertorio: ‘anzitutto la gloriosa sempre vergine Maria, Madre del medesimo nostro Dio e Signore Gesù Cristo… e Vostri Apostoli e martiri… e tutti i Vostri santi…’; poi la Chiesa militante, ovvero noi battezzati sulla terra: ‘degnateVi in ogni parte del mondo di donarle pace, di proteggerla, di adunarla nell’unità e di governarla assieme al Vostro servo e nostro Papa…; in fine la Chiesa purgante, ovvero ‘i Vostri servi e serve che ci hanno preceduti con il segno della fede e che dormono il sonno della pace… ad essi concedete, Ve ne preghiamo un luogo di refrigerio, di luce e di pace.’

Bisogna però aggiungere che la santa Messa, essendo un sole spirituale così ricco e sovrabbondante di bontà, versa i raggi anche su di coloro che sono solo potenzialmente membri della Chiesa per beneficarli, soprattutto attirandoli all’unica arca di salvezza che è essa stessa.

La seconda categoria di persone che approfittano della santa Messa è quella prevista nell’intenzione del celebrante, la quale al solito viene da lui in modo specifico nominata nel memento dei vivi e dei defunti – la salvezza di un peccatore particolare ad esempio; o la consolazione, oppure la liberazione dal Purgatorio di una determinata anima.

La terza categoria è lo stesso celebrante con i fedeli che assistono, a cui si riferiscono le parole: ‘tutti i circostanti’, e ‘nobis quoque peccatoribus.’ Su tutte queste persone saranno elargite in abbondanza le grazie di Dio guadagnate dal santo sacrificio del monte Calvario.

Ora, le grazie ed i beni elargiti sui vivi sono in primo luogo di ordine sovrannaturale, tendendo alla santificazione ed alla salvezza delle anime; in secondo luogo sono di ordine naturale e temporale, purchè siano compatibili con quelli sovrannaturali. Difatti non c’è dono nè grazia così grande che non si possa chiedere mediante la santa Messa, essendo ciò che chiediamo creato e finito, e ciò che offriamo divino. Dice padre Martin von Cochem: ‘È impossibile che Iddio, Che vuole riccamente ricompensare anche un bicchiere di acqua fredda, non ci lascierà senza compenso, se Gli offriamo con riverenza il calice del Sangue di Suo Figlio Divino.’

Avendo parlato del frutto del santo sacrificio della Messa, vogliamo guardare adesso il frutto del Sacramento in particolare, ovvero della santa Comunione. Facciamo notare intanto che solo i fedeli nello stato di grazia possono riceverla, e riceverla con frutto.

Un primo frutto della santa Comunione è che ci unisce a Cristo, e che dunque ci aumenta la Grazia divina, le grazie infuse ed i doni dello Spirito Santo, come dichiara il sacro concilio di Firenze (1439): ‘…nutrendo, sostenendo, aumentando, riparando e dilettandoci in modo spirituale.’ Il sacro concilio di Trento descrive la santa Comunione inoltre come ‘cibo delle anime con cui siamo nutriti e confortati, vivendo della vita di Colui Che disse: ‘Chi mangia di Me, vivrà per Me.’’

Un secondo frutto del Sacramento è che ci fa ottenere la gloria eterna. Il concilio di Trento dichiara: ‘Egli voleva che fosse un pegno della nostra futura gloria e perpetua felicità’. Possiamo citare nuovamente san Giovanni capitolo VI a riguardo: ‘Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno’. Il motivo per cui la santa Comunione ci fa ottenere la gloria eterna è che contiene nostro Signore Gesù Cristo Che ci dona la gloria: la santa Comunione è un cibo che conforta l’anima affinchè possa perseverare fin quando ottenga questa gloria. Uno dei modi nei quali conforta l’anima è che la rende forte contro le tentazioni. San Giovanni Crisostomo scrive che la Comunione, essendo un segno della Passione, respinge gli attacchi dei diavoli che sono stati vinti dalla Passione.

Un terzo frutto della santa Comunione è che rimette vari peccati veniali e la pena per essi dovuta, come dichiara papa Benedetto XII con il suo libello agli Armeni, ed il sacro concilio di Trento. La santa Comunione ha questi effetti in quanto aumenta in noi la Carità.

La pienezza del frutto che verrà ricevuto dalla santa Messa e dalla santa Comunione dipende dalle disposizioni del soggetto che lo riceve: del celebrante, dei fedeli che assistono e comunicano, delle persone per le quali il frutto viene richiesto; dipende cioè dal grado della devozione e dall’apertura alla grazia divina: più grande la devozione, più grande sarà il beneficio.

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Concludiamo queste considerazioni con una citazione dall’Imitazione di Cristo, libro quarto, inizio del capitolo 17, che esprime con parole toccanti la santa devozione di un fedele accostandosi alla santa Comunione.

“Con devozione grandissima e con ardente amore, con tutto lo slancio di un cuore appassionato, io desidero riceverVi, o Signore, come Vi desiderarono nella Comunione molti santi e molti devoti, a Voi massimamente graditi per la santità della loro vita e per la loro infiammata pietà.

O mio Dio , amore eterno, che Siete tutto il mio bene, la mia felicità senza fine, io bramo riceverVi con intenso desiderio e con venerazione grandissima, quale mai potè avere o sentire santo alcuno. Anche se non son degno di sentire tutta quella devozione, tuttavia Vi offro tutto lo slancio del mio cuore, come se io solo avessi tutti quegli accesi desideri, che tanto Vi sono graditi. Chè anzi, tutto quel che un animo devoto può capire e desiderare: tutto questo io lo porgo e lo offro a Voi, con estrema venerazione, in pio raccoglimento. Nulla voglio tenere per me , ma voglio immolarVi me stesso e tutto quello che ho con scelta libera ed altamente gioiosa.”

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L’antichità del Rito Romano

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L’origine della Santa Messa risale, come sappiamo bene, al Giovedì Santoquando fu istituito il Sacramento dell’Eucaristia. Ma a dove risale l’origine delrito della Santa Messa? Con ogni probabilità risale alle disposizioni del Signorestesso. Già nel primo secolo il Papa San Clemente, morto nell’Anno 99, scriveai Corinzi che dobbiamo “fare con ordine tutto quello che il Signore ci comandadi compiere nei tempi fissati” e parla degli “uffici liturgici” del Vescovo,dell’incarico del Sacerdote dei leviti, e dei laici.

San Giustino martire, morto nell’Anno 164, descrive poco tempo dopo nella sua Apologia, lo svolgimento della Santa Messa, in cui si possono già trovare tutti i suoi elementi essenziali che conosciamo ancora oggi.

San Giustino e poi il Testamentum Domini del V secolo asseriscono che il Signore stesso stabilì la Santa Messa in questa forma proprio il giorno della Sua Risurrezione. San Leone Magno e poi Papa Sisto V affermano in termini più generali che nel periodo tra la Risurrezione e l’Ascensione di nostro Signore Gesù Cristo + Lui ha confermato i Sacramenti ed ha insegnato quella Norma di credere e di pregare.

Sulla base dunque di queste autorità non c’è dubbio che lo svolgimento e dei testi principali della Santa Messa siano stati stabiliti da nostro Signore stesso. Cosa, di fatti, sarebbe stato più importante che il Signore determinasse per la Santa Chiesa durante i suoi incontri con gli Apostoli, menzionati negli Atti degli Apostoli, che il Santo e perpetuo Sacrificio della Messa, mezzo dell’applicazione delle infinite grazie della Sua Passione e della Sua Morte sul mondo intero.

La forma in cui la Santa Messa fu stabilita era la forma originaria del Rito Romano, anche se non subito in lingua latina. Tra tutti i riti cattolici, compresi i riti bizantini, mozarabi, ecc… il rito Romano è quello originario e più antico. Nel Concilio di Trento questo Rito fu solo ripristinato e codificato, ma non composto (come il nome “rito tridentino” suggerirebbe, ed alcuni suoi nemici odierni pretendono).

Dopo queste considerazioni generali ci vogliamo rivolgere ora al Canone della Santa Messa, che ne rappresenta proprio il cuore. Il Canone comprende la Consacrazione: tutta quella parte della Santa Messa che si estende dal Sanctus al Pater Noster esclusivi, di cui l’essenza viene citata già da sant’Ambrogio nel IV secolo.

Con certezza possiamo dire che il Canone Romano ha le sue radici nella Tradizione Apostolica e quindi nel Cuore stesso di Gesù Cristo. Il liturgista Padre Gihr scrive: “Le origini del Canone, la sua antichità veneranda ed il suo uso, ne fanno un’arca santa, veneranda ed inviolabile. Se mai una preghiera della Chiesa è stata composta sotto l’influenza particolare e l’ispirazione dello Spirito Santo, certamente è il Canone. Esso è penetrato dallo spirito di fede, profumato di pietà, pieno di forza e di azione, il suo linguaggio semplice ha un carattere vivo, un’impronta antica e biblica; commuove colui che lo pronuncia con una impressione simile a quella che è prodotta sull’anima dall’oscurità misteriosa delle Basiliche della Città eterna. Quanta delizia il poter ripetere all’Altare le medesime parole con le quali tanti Sacerdoti ferventi e pii hanno celebrato il Santo Sacrificio durante tanti secoli in tutta la Chiesa. Queste parole del Canone sono già state consacrate nell’era dei Martiri e nelle Cappelle funerarie delle Catacombe…” Quanta elevazione e quanta dolcezza si trova in questi pensieri.

Le parole del Canone Romano e di tutto il rito Romano sono state pronunziate di fatti da tutti i Sacerdoti ferventi, santi e pii che ci hanno preceduto nella Tradizione latina fin dalle origini, come per esempio sant’Ambrogio, sant’Agostino e san Tommaso d’Aquino. Lo stesso San Francesco d’Assisi ci avrebbe assistito da Diacono.

Queste parole sono state seguite con attenzione da tutti i Santi e da tutti i fedeli della Santa Tradizione: San Ludovico di Francia nel suo regno e durante la Crociata in Terra Santa, il martire re San Venceslao, la regina Santa Margherita, tutti i fedeli sia di condizione alta o bassa nel corso di tutti i secoli. Per mezzo di queste parole tutti i Santi del Paradiso e tutti gli Angeli sono stati e sono e saranno sempre inondati delle più grandi, eccelse gioie, le Anime del Purgatorio indicibilmente sollevate, e la Chiesa militante elargita di infinite grazie e santificata.

Questo più antico rito della Chiesa Cattolica è, per così dire, immutabile come la Verità stessa, come la Fede, come l’unico Sacrificio della Croce che rende presente quell’eterno ed immutabile Sacrificio della Croce a cui da accesso e a cui apre le porte di questo mondo mutabile e passeggero, affinché l’eternità di Dio si renda presente quaggiù, l’eternità del Suo Amore sacrificale per le sue creature, l’eternità della Sua Misericordia.

E questo rito per di più rende il Sacrificio di Dio in modo degno delle Sue infinite perfezioni, in un modo stabilito dalla più antica Tradizione della Chiesa e, come crediamo, da nostro Signore Gesù Cristo stesso cui, assieme a tutti gli Angeli e i Santi del Cielo, tutti gli abitanti del Purgatorio e la Chiesa intera ringraziamo che ci ha eletti per conoscerLo, amarLo e per servirLo qua alla Santa Messa e nella nostra vita; per godere della Sua infinita Misericordia quaggiù e nel Cielo.
Amen.

+ In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti. Amen

La Santa Messa: cosa avviene?

+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

Forse qualcuno seduto ozioso per strada ha visto qualcuno di voi passare stamattina verso la chiesa, e poi ti rivedrà tornare a casa tra circa un’ora. E si dirà: Avrebbe avuto una commissione, un impegno, un incontro, avrebbe fatto una passeggiata, sarebbe andato alla Messa. Non penserà per forza che ci sarebbe successo un granché: in fondo per lui niente sarebbe cambiato: un’ora è passata, la luce si è in qualche modo cambiata, le persone e le barche si sarebbero un pochino spostate, e la giornata procederà sul suo corso e, con la giornata, la vita.

Ma per noi cosa sarebbe successo davanti a noi in questa chiesa? Cosa sarebbe cambiato? Solo questo:

Nostro Signore Gesù Cristo sarà nato sull’altare come lo è nella Gloria del Cielo: nato come è nato a Betlemme, ma in un modo nuovo. Sarà reso presente tramite le parole di un mero uomo, un peccatore, in forma di pane e di vino: il Suo Corpo, Sangue, la Sua Anima e Divinità in forma di pane; il Suo Corpo, Sangue, la Sua Anima e Divinità in forma di vino. Sarà nato sull’altare, scenderà sull’altare, Lui il Verbo Incarnato, l’Agnello Immacolato, per essere sacrificato per noi.

L’uno e l’unico sacrificio del Monte Calvario, tramite cui Dio muore per salvare l’uomo, verrà reso presente sull’altare davanti agli occhi dello spirito. La Presenza Reale di Nostro Signore Gesù Cristo, la Presenza Reale del Suo Sacrificio del Monte Calvario, apparirà qua in questa chiesa tra qualche minuto. Tutto il dramma della morte di Dio avverrà in questa chiesa, benché velato ai nostri occhi.

L’avvenimento più grande, più grave, e più glorioso che si è mai successo, e che potrebbe mai succedere, nella storia della Creazione non sarebbe dunque successo una volta solo, bensì viene prolungato tramite sante Messe successive fino alla consumazione dei secoli. E lo scopo sarà questo: che il mondo intiero non cada nel nulla in conseguenza dei peccati degli uomini, bensì che esso sia conservato in esistenza tramite tutte le sante Messe offerte ad ogni momento del giorno e della notte in ogni parte del mondo, affinché i disegni ineffabili di Dio per la salvezza degli uomini siano realizzati nel corso dei secoli.

Questo sacrificio è la fonte di tutte grazie, soprattutto del perdono che viene trasmesso nel Battesimo (per il Peccato Originale) e nella Confessione (per il peccato personale). Il Sacrificio elargisce grazie sul mondo intiero, ma soprattutto sulla Chiesa: sulla anime dei beati in Cielo e sugli angeli, aumentando la loro beatitudine; sulla anime sofferenti del Purgatorio, diminuendo le loro pene; e sugli uomini in questo mondo, aiutandoli a lottare fedelmente sino alla fine della vita. Queste grazie vengono elargite in modo particolare sui fedeli che partecipano alla santa Messa, e più devotamente partecipano, più largamente saranno elargiti: il Divinissimo Sangue sgorgherà dalle gloriose Ferite sulle nostre teste e nelle nostre anime, per illuminarci e fortificarci per la battaglia.

E dopo che Dio sia nato sull’altare e muoia là per amore di noi, Egli entrerà nel più intimo del nostro essere: ‘Domine non sum dignus: Signore non sono degno che entriate sotto il mio tetto, ma dite soltanto la parola è sarà salvata la mia anima.’ Egli entra sotto il tetto della mia anima nella forma di cibo, affinché Si possa unire a me nel modo in cui si unisce a noi il cibo: cioè nel modo il più intimo possibile su questa terra. Qua Egli rimane per 15-20 minuti – per il quale motivo è altamente desiderabile, carissimi fedeli, di trattenerci in chiesa dopo la santa Comunione almeno per una quarta d’ora per adorarLo e per parlare intimamente con Lui. Non è il momento di chiacchierare fuori o, molto meno, dentro la chiesa. Questa preghiera è una pratica che dà Gloria a Dio, e che ci aiuta molto a progredire verso la perfezione cristiana: l’unico scopo della nostra vita.

E così, carissimi fedeli, se qualcuno vi vede tornare a casa da dove siete venuti oggi, anche se non sa cosa stavate facendo durante questa ora, qualcosa davvero sarà successo, e qualcosa davvero sarà cambiato: la cosa più grande che possa succedere: Dio Si è sacrificato per noi davanti ai nostri occhi; Si è unito a noi per promuovere i Suoi disegni ineffabili per il mondo: la Sua eterna gloria e la nostra eterna beatitudine. Qualcosa sarà cambiato. Il fedele torna a casa riempito di Grazia, nutrito del cibo degli angeli, divinizzato dal Verbo Incarnato, e l’universo con i suoi infiniti pianete sarà mantenuto in esistenza e continuerà sul suo corso attraverso i secoli, fin quando il numero degli eletti sarà completo; il creato intiero sarà trasformato in un nuovo cielo ed in una nuova terra; la Missione del Divin Figlio sarà compiuta; e tutto potere sarà restituito al Padre.

Chiamo tutti i non-praticanti presenti a tornare alla pratica della Fede; tutti i praticanti (ed in primo luogo me stesso) di prendere più sul serio la Fede; chiamo i bambini che riceveranno la santa Comunione oggi per la prima volta di essere sempre fedeli ai Comandamenti di Dio, evitando sempre il peccato mortale, ed amando Dio ed il prossimo sempre di più: per l’intercessione della Madre nostra tenerissima Maria, ed alla Gloria della Santissima Trinità. Amen.

+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen. 

La Santa Eucaristia: il dovuto atteggiamento

+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

Nella Santa Messa il pane ed il vino vengono trasformati mediante le parole del Sacerdote sacramentale nel Corpo, Sangue, Anima , e Divinità di Nostro Signore Gesù Cristo. Scortato da legioni innumerevoli di angeli, in silenzio ed invisibilmente, il Re dei rei e Signore dei signori, Cristo nostro Dio, viene sull’Altare per essere sacrificato per noi. In istato d’immolazione del Corpo privo di sangue, del Sangue privo del corpo, nella separazione del Suo Sacratissimo Corpo e del Suo preziosissimo Sangue, Egli, la Vittima pura, la Vittima santa, la Vittima Immacolata, il Santo Pane della vita eterna ed il calice di salvezza perpetua rende presente sull’Altare la Sua morte del Monte Calvario per la salvezza del mondo.

In istato d’Immolazione, il Corpo privo di sangue, dimora poi nei nostri tabernacoli, consegnato di nuovo al potere degli uomini. Come dunque bisogna trattarLo? Lo adoreremo e Lo ameremo come san Giovanni e santa Maria Maddalena ai piedi della Croce? o Lo tradiremo con la Comunione sacrilega come Giuda? o col rispetto umano come Pilato? Lo trascureremo, non visitandoLo mai o non accordandoGli il dovuto rispetto quando siamo davanti alla Sua presenza? A questo riguardo citiamo le parole di sant’Antonio apparso ad una suora per guidarla nella vita spirituale: ‘In presenza di Gesù Sacramentato, sottrare all’Augusta Trinità l’onore che Le è dovuto? Ah le irreverenze, come si espiano nell’altro mondo!’

Quali dunque devono essere i nostri sentimenti quando visitiamo Nostro Signore Benedetto nelle Sue chiese, se non quelli della più profonda devozione, per rispondere agli ammonimenti del Signore secondo un pio autore: ‘Ero nudo nel Santissimo Sacramento, spogliato della Mia gloria, e la tua Fede, riverenza, e devozione supplissero ciò che mancava alla Mia Maestà; ero prigioniero nel tabernacolo e ammalato di amore per te, e tu amorevolmente sei venuto a visitarMi e rinfrescarMi; ero forestiero, sconosciuto alla grande parte dell’umanità e Mi hai dato il tuo cuore per la Mia dimora; Io ho avuto fame e sete consumato dal desiderio di possedere interamente i tuoi affetti e hai saziato al massimo grado il Mio desiderio. Venite dunque benedetti del Padre Mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo’.

Quale deve essere il nostro atteggiamento quando il Nostro Signore Gesù scende sull’altare, se non quello della profondissima umiltà, abbassamento, ed annichilimento di sé? Quale deve esserlo quando si immola sull’Altare per amore di noi, se non quello dell’immolazione e dell’oblazione di noi in unione al Suo sacrificio gloriosissimo?

E quando riceviamo la santa Comunione, quali sentimenti devono essere i nostri? quando accogliamo in noi ciò che è più grande, più glorioso e più bello del creato intiero – più grande del cielo stellato, dell’oceano e di tutta la vita che contiene, di tutti gli uomini che sono mai vissuti e che mai vivranno, assieme a tutte le loro opere più gloriose: più grande, più glorioso, più bello, anche nel più piccolo frammento della Particola, perché ciò che riceviamo per la Sua infinita Grazia è nient’altro che Gesù Cristo Stesso, il Signore, sopra ogni cosa Benedetto. Amen.

Come prepararsi alla S. Comunione

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+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

Con la Santa Comunione il nostro Signore Gesù Cristo lascia il trono del Suo Paradiso celeste e entra sotto il tetto della mia anima. Entra nella mia casa come è entrato nella casa di Zaccheo, dicendo: ‘Zaccheo, oggi devo fermarMi a casa tua.’

Cosa significa ciò? Significa che Gesù Cristo: Corpo, Sangue, Anima, e Divinità entra nella mia anima, nel mio corpo, e nel mio cuore, così realmente come entrò nella casa di Zaccheo 2000 anni fa. E questo significa che devo preparare la mia casa per Lui. E come la preparo? la preparo in due modi: purificandola, e sgombrandola da tutto ciò che mi possa distrarre da Lui.

Purifico l’anima confessandomi e coltivando tutte le virtù, perché il peccato contamina l’anima, mentre la confessione e la pratica delle virtù la purificano. Se sono nello stato di peccato mortale, non devo mai osare ad accedere alla Santa Comunione, non essendo degno di ricevere nella mia anima il Sommo Bene.

Se invece ricevo la Santa Comunione in questo stato, commetto un ulteriore peccato mortale: quello del sacrilegio. Ma anche se la mia anima non è completamente ottenebrata dal peccato mortale, ma solo contaminata dal peccato veniale, è opportuno purificarla regolarmente nel sacrameno della Penitenza, per renderla più degna di ricevere il Signore: più pura è l’anima, più degna sarà di riceverLo.

Ma anche devo sgombrare la mia anima da tutto ciò che non è necessario e questo vuol dire: dalle distrazioni.

Per sgomberare l’anima, occorre un lavoro anteriore di distacco e di raccoglimento. Occorre un lavoro di distacco dal mondo, dalla concupiscenza degli occhi – rispetto alla televisione, ai giornali, alle cose che si vedono per strada, alle persone che passano; ma più generalmente un distacco dalla concupiscenza di tutti i sensi, nonché dall’ immaginazione stessa. La conseguenza ne sarà che nella preghiera sarà meno distratta da diverse immagini e da diversi pensieri inutili, e dunque più pura e più fruttuosa.

Il lavoro che segue quello del distacco è quello del raccoglimento. San Pier Giuliano Eymard nel suo libro intitolato ‘La Santa Comunione’ scrive: ‘ Le persone devote, ma che non sanno raccogliersi, non gusteranno mai vere gioie spirituali, essendo la leggerezza di mente grande ostacolo al regno di Dio in un’anima. Se volete gustare Dio e godere della Sua Presenza, dovete raccogliervi e meditare’.

Il raccoglimento significa raccogliere le facoltà dell’anima in Dio: nascondersi in Dio, vivere in Dio, indirizzare la mente sempre a Dio. Quando questo diviene un’ abitudine ci aiuterà assai per meditare e per adorare Dio: dopo la santa Comunione, davanti al Santissimo Sacramento esposto, a casa, e sempre.

Remissio peccatorum

La remissione dei peccati è dono di Dio e scaturisce dalla Sua infinita misericordia. La Fede cattolica professa che per gli uomini peccatori c’è la possibilità di ottenere perdono per i loro peccati.

Parlando della remissione dei peccati, dobbiamo considerare la natura del peccato: Il peccato consiste nell’offesa di Dio Sommo Bene disubbidiendo ai Suoi precetti contenuti nella legge naturale e poi, più perfettamente, nella legge divina.

Essendo quindi il peccato un’offesa di Dio da parte dell’uomo, il potere di rimettere i peccati deve essere riservato unicamente a Dio: “Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?“ (Mc 2,7)

Il Nuovo Testamento ci racconta in diversi episodi come Cristo perdona ai peccatori: Al buon ladrone, pentito dei suoi peccati all’ ultimo momento della sua vita, assicura l’entrata nel Regno dei cieli perdonandogli tutti i suoi peccati. In quanto è la Seconda Persona Divina della Santissima Trinità, Cristo ha il potere di perdonare i peccati. Nonostante ciò, Cristo ha voluto fare partecipare a questo potere degli eletti: Dopo la Sua risurrezione conferì agli Apostoli questo sacro potere dicendo:“Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete resteranno non rimessi” (Gv 20,22-23).

Gli Apostoli non hanno questo potere da sé stessi, dunque, ma lo hanno ricevuto da Dio. Per questo gli Apostoli non rimettono i peccati a nome proprio ma a nome di Dio. Loro hanno conferito i loro poteri ricevuti da Cristo ai loro successori eletti che sono i vescovi con i loro collaboratori, i sacerdoti. I vescovi e sacerdoti, anche oggi, hanno il potere di rimettere i peccati, fondato sulla loro partecipazione eccellente all’opera redentrice divina di Cristo. Auesta opera realizza sempre di nuovo il principio dell’ Incarnazione: Dio si serve degli uomini e del mondo materiale per compiere il Suo piano salvifico.

Dal momento che i vescovi e sacerdoti non sono i padroni assoluti sul loro potere di rimettere i peccati, sono legati a diverse condizioni che sono stabilite dalla legge divina immutabile alla quale la Chiesa si sottemette.

Cristo istituì sette sacramenti: fra di loro i sacramenti del Battesimo, il sacramento della Confessione (o ‘Penitenza’) e parzialmente il sacramento dell’Unzione degli infermi hanno come effetto la remissione dei peccati. Questi sacramenti saranno spiegati da più vicino in un articolo separato.

In questo contesto accenniamo soltanto ad alcuni aspetti di questi tre sacramenti.

Il Battesimo cancella il peccato originale e tutte le altre colpe commesse fino al momento del battesimo; nella confessione il sacerdote ci assolve dai peccati mortali e veniali confessati; l’unzione degli infermi, invece, può in certi casi straordinari avere come uno dei suoi effetti la remissione dei peccati non ancora perdonati.

Bisogna distinguere tra il reatus culpae e il reatus poenae. La colpa consiste nel fatto di avere offeso Dio, non osservando la Sua santa legge. Il reatus poenae significa il danno che è stato causato dal peccato commesso, ossia la conseguenza dannosa del peccato: infatti con il peccato sono lesi sia l’ordine divino che la nostra anima.

Questo danno il peccatore, dopo avere ricevuto il perdono di Dio, lo deve riparare o durante la sua vita terrena o dopo la morte nel Purgatorio.

Per poter capire meglio questa distinzione può essere utile un semplice paragone preso dalla vita quotidiana: Se un ragazzo giocando lancia un pallone verso una finestra e la rompe, evidentemente causa danno. In questa situazione dovrebbe prima scusarsi dal proprietario e poi riparare il danno pagando una nuova finestra.

Applicando questo esempio all’insegnamento sul peccato, possiamo costatare che il peccatore deve chiedere perdono a Dio per i suoi peccati. Ciò avviene nel battesimo e nella confessione ed è sufficiente per sfuggire alle poena damni che porta all’inferno.

Nel battesimo viene pure cancellato il reatus poenae, nel sacramento della confessione, invece, ne viene rimessa soltanto una parte.

Per potere riparare il danno causato dal peccato la Chiesa ci propone la penitenza e, come altro mezzo efficacissimo, le indulgenze: Dal momento che alla Chiesa è stato affidato dal suo divino fondatore Gesù Cristo il tesoro inesauribile della Redenzione da lui compiuta e ulteriormente arricchito dalla vita dei santi, ella ha il potere di distribuire ai suoi membri i frutti di questo tesoro.

Ricordiamo qui che con il Suo Preziosissimo Sangue Cristo ha pagato il prezzo per tutti i peccati dell’umanità: “Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l’argento e l’oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri, ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia.” (1 Pietro 1,18-19) Questa frase di san Pietro mostra che per riparare il danno immenso causato dai peccati era necessario il sangue di Cristo. Perciò il peccatore non può riparare il reatus poenae senza ricorrere all’opera redentrice di Cristo.

Rivolgiamoci in fine più concretamente alle indulgenze: l’indulgenza è un mezzo che la Chiesa ci offre per liberarci dal reatus poenae. Si distingue fra l’indulgenza plenaria che elimina tutte le pene e quella parziale che a secondo della disposizione del penitente ne elimina soltanto una parte.

Le condizioni che la Chiesa ha stabilito per l’acquisto dell’ indulgenza sono la confessione, che restituisce al peccatore, se avesse commesso un peccato mortale, lo stato di Grazia; poi la comunione eucaristica; una preghiera nell’intenzione del Sommo Pontefice ed un’opera o un pio esercizio, al quale l’autorità delle Chiesa ha annesso un’indulgenza plenaria o parziale.

Perché l’indulgenza possa essere plenaria, inoltre al compimento di un’opera per la quale è prevista tale indulgenza, è necessario essere liberi da ogni tendenza volontaria verso ogni tipo di peccato, anche quello veniale.

L’indulgenza si può applicare anche in suffragio delle anime del Purgatorio. In questo modo ci è data la possibilità di venire in soccorso ai fratelli defunti che soffrono e hanno bisogno del nostro aiuto. L’indulgenza applicata in suffraggio dei defunti accelera la loro entrata nel Cielo, dove, liberi da ogni peccato, potranno vedere Dio e partecipare alla Sua gloria eterna.

Deo Gratias!

Il senso mistico della Santa Messa

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+ In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.  Amen.

Oggi parlo della Santa Messa, del suo carattere sacrificale, secondo gli scritti di Padre Martin von Cochem ed altri.

Come dico spesso, la Santa Messa è essenzialmente il Sacrificio del Calvario. Questo si manifesta nelle parole: “sacrificio – oblazione – oblata” pronunciate spesso durante la celebrazione, e nelle genuflessioni, negli inchini e nei segni di croce. Si manifesta anche in modo mistico, come mi accingo ora ad esporre brevemente.

Innanzitutto i paramenti rappresentano i vestiti che il Redentore portava il giorno della Sua morte crudele: l’amitto intorno al collo rappresenta le bende con cui gli occhi del Signore furono coperti; il càmice bianco rappresenta la tunica che Erode mette addosso al Signore per dileggiarLo; il cingolo, il manipolo, e la stola che si porta attorno al collo e si incrocia sul petto, rappresentano le corde con cui il Signore fu legato e trascinato attraverso le strade di Gerusalemme; la casula o pianeta assunta sopra le altre vesti significano il mantello di porpora che portava, quando Pilato Lo presentò al popolo dicendo “Ecce Homo”.

L’Altare sopraelevato con su il Crocifisso rappresenta il monte Calvario. Il Celebrante inizia la Santa Messa con le parole In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti, come per dire: “Opero adesso nell’autorità di Dio Padre di Cui sono Sacerdote, di Dio Figlio in Persona di Cui sono Sacerdote, di Dio Spirito Santo per mezzo di Cui sono Sacerdote; oppure: “Offro il Sacrificio in nome di Dio Padre a Cui lo offro, di Dio Figlio in Cui offro e dello Spirito Santo per mezzo di Cui lo offro”.

Seguono le preghiere ai piedi dell’Altare. Il celebrante si inchina profondamente, ciò significa l’inizio della Passione del Signore nell’Orto del Getsemani, dove sudava sangue e pregava prostrato per terra. Bacia l’Altare che ricorda il bacio perfido del traditore Giuda, dopo il quale il Signore fu consegnato nelle mani dei Suoi nemici.

Lo spostamento del messale significa lo spostamento del Signore da un giudice iniquo all’altro: da Anna a Caifa, da Pilato ad Erode, ed di nuovo da Pilato.

All’Offertorio comincia la parte sacrificale della Santa Messa di per sé, quando il Signore misticamente ed anche Realmente viene sacrificato sull’Altare. Il silenzio ricorda quelle ore terribili quando nostro Signore Gesù Cristo + pendeva in Croce e sopportava in silenzio tutti gli oltraggi della moltitudine giudaica.

I ventotto segni di croce durante il Canone, a parte il loro significato sacramentale, ci ricordano i tantissimi dolori e sofferenze che il Redentore ha subito nella Crocifissione. L’Ostia e il Calice vengono alzati affinché i fedeli possano in un certo qual modo compensare, con l’adorazione amorevole dei loro cuori, le indicibili bestemmie e sofferenze che Egli aveva da sopportare.

Il Pater Noster rompe il silenzio per ricordare ai fedeli le sette ultime parole che il Redentore pronunziò in Croce. La Sua morte viene rappresentata dalla separazione del Sacratissimo Corpo e del Preziosissimo Sangue e dalla frazione dell’Ostia. Il Calice rappresenta il sepolcro; la patena la pietra tombale; il purificatoio, la palla, e il corporale, il lenzuolo di lino in cui il Suo Sacratissimo Corpo fu avvolto quando fu disteso nel sepolcro.

L’atto della Santa Comunione è un ulteriore immagine della Sua sepoltura. In questo momento bisogna aprire il cuore per ricevere il Signore come in un sepolcro: chiudendosi al Mondo e unendosi pii ed incorrotti a Lui, per divenire un luogo di riposo per Colui che morì per amore di noi.

La Benedizione finale col segno di croce ricorda ai fedeli, di nuovo, che ogni benedizione viene dalla morte di Cristo. Il Vangelo di San Giovanni viene pronunziato, e termina con le parole “Deo gratias” per ringraziare Dio che nella Sua infinita misericordia ci ha concesso di assistere ad un Sacrificio così prezioso e così Santo.

I fedeli sono congedati con sentimenti di pietà e di umiltà, come uscendo dallo stesso teatro terribile della Morte del Signore sul monte Calvario, dove avessero preso impegno presso la Madonna e a San Giovanni ai piedi della Croce, di meritare il Cielo tramite il compimento fedele dei doveri del proprio stato di vita e mediante l’accettazione con pazienza di tutte le prove, le ingiustizie, le sofferenze, e le difficoltà di questa vita per amore di Nostro Signore Gesù Cristo + Che ci ha amati a tal punto, e il Quale non potremo mai sufficientemente ringraziare ne ripagare per il Suo sempre ardente amore.

+ In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.  Amen.

La santa Messa domenicale

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Se chiedi per caso ad uno storico di raccontarti le cause delle guerre del secolo scorso, lui ti darà delle spiegazioni lunghe e complesse sulla situazione politica e sociologica dell’Europa di allora e rintraccerà questa situazione indietro fino alle sue radici nel passato. Ti parlerà dei grandi personaggi responsabili per gli avvenimenti principali di quelle vaste e tenebrose tragedie.

Ma la vera causa non rientra nelle sue competenze, neanche nelle sue comprensioni, perché la vera causa di queste guerre, anzi di ogni cosa che c’è, è Dio: “omnia quaecumque voluit fecit”: Egli fa tutto ciò che vuole: ogni cosa che c’è è secondo la Sua volontà: o perché Egli lo vuole, o perché Egli lo permette. La sofferenza Egli non la vuole, bensì la permette per un bene più grande. Secondo sant’Agostino la sofferenza è la punizione del peccato, o il mio o quello di altri. Questo vale sia per l’individuo, sia per una moltitudine di persone come nella guerra.

La guerra è dunque la punizione per il peccato, il castigo di Dio per peccati gravissimi, e questa verità viene chiaramente espressa nelle pagine dell’Antico Testamento dove il popolo di Israele subisce le guerre ogni volta che si allontana da Dio. Questa verità viene espressa altrettanto nelle parole di Nostra Signora di Fatima che, quando parla delle guerre del secolo scorso, le dichiarò come la “punizione dei peccati”: ossia per i peccati contro i tre primi Comandamenti che sono l’idolatria, la bestemmia, e la mancanza di santificare le feste.

Tanti milioni di persone ferite, tante uccise, soldati nelle primizie della loro gioventù, cittadini, bambini innocenti, anziani; tante afflizioni, traumi, e tormenti di individui, famiglie, città, nazioni, solo perché l’uomo non voleva adorare né onorare Dio, sia in privato che in pubblico.

Quando dunque qualcuno dice “sono un pò stanco, non ho voglia oggi, tutta la settimana lavoro, domenica farò qualcosa per me”, si ricordi che l’assistenza alla Santa Messa domenicale è un dovere che ci obbliga sub gravi – o in altre parole, la mancanza alla Santa Messa domenicale e alle Sante Messe di precetto, senza motivo adeguato come la malattia, è un peccato mortale.

Abbiamo visto inoltre che questo peccato non ha solo una dimensione individuale, bensì anche una dimensione sociale tale che, con altri peccati immediatamente contro di Dio, è causa dei castighi delle nazioni.

Quando invece un anziano dice “in tutta la mia vita non sono mai mancato alla Santa Messa domenicale – o forse solo una volta quando ero in ospedale”; quando qualcuno parla così, dobbiamo riconoscere che questo è l’atteggiamento giusto che occorre ammirare ed imitare, ma soprattutto riconoscere semplicemente come nostro dovere. Se non abbiamo voglia, non c’entra; andiamo comunque nello spirito di fede, di fiducia, di obbedienza, docilità, ed umiltà.

Dio non ci chiede nulla che non sia giusto, che non sia per il nostro bene: Ricordati di santificare il giorno del sabato: Ricordati – spiega il Catechismo di Trento – perché alla Santa Messa settimanale occorre, per così dire, rendere conto a Dio per la nostra settimana, per il nostro lavoro; Ricordati perché ci saranno tentazioni negli spettacoli e nei giochi da sviarci dal culto e dalla pietà dovuti a Dio.

Il Signore Dio ci comanda di “onorare le feste” o “santificare il sabato” (una parola che significa “cessare”), cioè col riposo dal lavoro e col culto della Religione. Questo terzo Comandamento stabilisce l’espressione esterna e pubblica della adorazione e dell’onore di Dio che vengono comandati in generale nel primo e secondo Comandamento.

L’uomo non è solo spirito bensì anche corpo; non è solo individuo bensì anche membro della Chiesa e dunque deve onorare ed adorare Dio non solo in modo interno, interiore, e privato, ma anche in modo esterno e pubblico.

L’adorazione e l’onore di Dio, nel modo giusto, sono doveri dell’uomo: Perché Dio ha creato l’uomo e a lui ha dato tutto ciò che ha e che è; perché Dio è morto per lui e lo ha redento, e vuole dare tutto a lui, cioè Sé stesso; affinché l’uomo possa essere felice con Lui e riposare in Lui quaggiù, ed in Cielo per tutta l’eternità.

Ma c’è ancora un’ altra cosa: se nostro Signore Gesù Cristo + il Cui Nome sia sempre benedetto, non fosse già stato crocifisso, ma venisse crocifisso domenica prossima in un posto distante di sette minuti, sette ore, o anche sette giorni dalla mia casa, dopo aver bevuto un calice di sofferenze di quantità, profondità, e di intensità da superare assolutamente ogni intelligenza umana, e questo per me, solo per me; andrei o non andrei? Sospirerei e forse direi “non so”? E un protestante, un musulmano, un buddista se avesse la grazia di riconoscere i suoi errori, di capire chi è il Signore e ciò che è la Crocifissione e la Passione di Nostro Signore, non vi andrebbe? E un uomo di buona volontà qualsiasi forse non vi andrebbe anche lui? Carissimi amici, e chi non vi andrebbe se non un uomo completamente privo di buon senso?

E se qualcuno dicesse: “Se vuoi, io posso organizzare che Nostro Signore Gesù Cristo Stesso + venga a te esattamente come era durante la Sua vita terrena. Egli verrà ed io dirò: Ecco! Ecco davanti ai tuoi occhi, uomo povero e misero, degno di niente, degno solo della morte, Ecco il tuo Signore e tuo Dio!” ed Egli entrerà poi nella tua anima e si unirà a te a causa del Suo grande amore per te, e per nessun merito tuo, affinché tu possa essere con Lui e sentire la dolcezza ineffabile della Sua presenza; affinché Egli possa colmare la tua anima con grazie divine e vivere in te con la Sua propria vita divina, Cosa direi? direi forse di no?

Perché, carissimi fedeli, la Santa Messa domenicale ed ogni Santa Messa, non è solo il culto di Dio dovuto dall’uomo, bensì la Crocifissione del Signore, l’unico Sacrificio del Calvario, è l’unione nella Santa Comunione a Nostro Signore Gesù Cristo Stesso: Corpo, Sangue, Anima e Divinità.

Quindi, quando il Re mi invita alle nozze del Suo Figlio, e mi dice: “Ho preparato il banchetto e ciò che tu mangerai è stato ucciso…”, non venga mai detto che io non volessi venire. E se un giorno capitasse che io debba essere presente senza la veste nuziale, ossia senza lo stato di grazia ma in uno stato di peccato mortale, che io non acceda mai a quella santissima tavola…
Amen.

Espiazione

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In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti.

In questo tempo pasquale proseguiamo la nostra breve serie di meditazioni
sulla Santa Messa.
La Santa Messa essendo il Santo Sacrificio del Calvario, ha quattro finalità:
quella di lode, quella di ringraziamento, quella di espiazione e quella di
supplica.

Guardiamo oggi la natura espiatoria della Santa Messa, la settimana prossima parleremo della sua natura supplichevole.
La Santa Messa è espiatoria nel senso che è un Sacrificio di espiazione,
propiziazione, riparazione per i peccati degli uomini, rimette la loro colpa e le
loro pene, placa l’ira divina (cfr Sofonia 1,15-16) contro di loro. Gli uomini che
ne profittano, ossia che ne traggono benefici, sono sia vivi quanto defunti: i
vivi che hanno peccato e i morti in Purgatorio.

Quale esempio della Preghiera per i vivi prendiamo il Confiteor:
« Confiteor Deo Omnipotenti, beatae Mariae semper Virgini, beato Michaeli
Archangelo, beato Ioanni Baptistae, sanctis Apostolis Petro et Paulo, omnibus
Sanctis et vobis, fratres, quia peccavi nimis cogitatione, verbo et opere, mea
culpa, mea culpa, mea maxima culpa. Ideo precor beatam Mariam semper Virginem, beatum Michaelem Archangelum, beatum Ioannem Baptistam, sanctos Apostolos Petrum et Paulum, omnes Sanctos et vos, fratres, orare pro me ad Dominum Deum nostrum. »
Questa Preghiera, come ben sappiamo, viene pronunziata prima dal
celebrante e poi dai fedeli. Nel Rito anteriore alla forma del 1962 viene sempre
ripetuta da tutti e due (celebrante e fedeli) anche prima della Comunione.

La confessione (confiteor) viene fatta non solo a Dio ma anche a tutti i Santi
affinché – nelle parole di Dom Guéranger – “quelli ai quali mi confesso chiedano perdono per me e con me: la Beatissima Vergine Maria, San Michele Arcangelo custode delle anime nostre specialmente in punto di morte, il precursore del Signore San Giovanni Battista, i Principi degli Apostoli Santi Pietro e Paolo e tutti i Santi. Essi sono la mia difesa nella partecipazione dei meriti attraverso la
Comunione dei Santi.”
Il pentimento del peccatore mentre ripete tre volte il “mea culpa”battendosi il petto con la mano, lo mette in disposizione più degnamente di partecipare ai
Sacri Misteri e di ricevere il perdono misericordioso di Dio. Di fatti la preghiera:
“†Indulgentiam, absolutionem et remissionem ” che segue il Confiteor è un
sacramentale che muove Dio ad imprimere nel cuore del penitente, sopra il
quale viene recitata, quel movimento di contrizione sincera che gli merita la
remissione dei suoi peccati veniali; si noti anche che questa Preghiera ha
efficacia bastante per ottenere la remissione dei peccati a chiunque, in pericolo di morte, si trovi nell’impossibilità di fare una Confessione sacramentale.
Le parole dell’assoluzione, secondo un pio autore, risuonano nelle anime
come un indescrivibile sollievo.

Quale esempio di una Preghiera per i Morti prendiamo il Memento dei
Defunti. San Giovanni Crisostomo traccia la Commemorazione dei Defunti fin dai
tempi Apostolici; già dalla fine del secondo secolo ne parla Tertulliano; ed
anche Sant’Agostino parla delle Preghiere per loro al momento del Sacrificio
della Santa Messa.
– Meménto étiam, Dómine, famulórum, famularúmque tuárum qui nos
præcessérunt cum signo fídei et dórmiunt in somno pacis… –“Ricordati anche, o Signore, dei tuoi servi e delle tue serve, che ci hanno preceduti contrassegnati con il segno della fede e dormono il sonno della pace”.

Il segno della fede è il Battesimo, il sonno della pace è la Comunione dei
Santi:- Ipsis, Dómine, et ómnibus in Christo quiescéntibus, locum refrigérii,
lucis et pacis, ut indúlgeas, deprecámur. Per eúmdem Christum Dóminum
nostrum. Amen. –” Ad essi Signore e a tutti quelli che riposano in Cristo, concedeTe Ve ne preghiamo, il luogo di refrigerio, luce e pace. Per il medesimo Cristo, Signore nostro. Amen”.

Il riposo in Cristo significa l’unione delle Anime del Purgatorio a Cristo, come Capo del Corpo Mistico della Chiesa; il luogo di refrigerio, luce, e pace è il Paradiso dove, nelle parole dell’Apocalisse: non c’è ne lacrime, ne gemini ne
afflizioni.

Alla fine di questa Preghiera il Celebrante inchina il capo, un gesto che non è previsto nelle altre Orazioni perché è come una istanza maggiore – spiega Dom Guéranger – sembra che la loro prigione si apra per lasciare penetrare in essa rugiada, luce, e pace: Rugiada negli ardori del fuoco, luce nelle tenebre delle loro sofferenze purgative, pace nel desiderio che interamente le consuma di ricongiungersi a Dio.
In questa istanza, dunque, molte Anime vengono liberate dal Purgatorio e
ammesse in Paradiso, ed altre vengono consolate dalle grazie infinite del Santo Sacrificio della Messa.

Il Celebrante rompe il silenzio del Canone con una Preghiera per noi, miseri
peccatori: “Nobis quoque peccatóribus fámulis tuis, de multitúdine
miseratiónum tuárum sperántibus….” / ” Anche a noi peccatori, Tuoi servi, che
riponiamo la nostra fiducia nella Tua infinita misericordia….”, ricordando che
un giorno saremo, probabilmente, anche noi gli abitatori di quei luoghi
tenebrosi, di sofferenza, colmi di debolezze che siamo in questa vita e
circondati dai pericoli, e così la luce celeste che si versa sul Purgatorio si
riversa anche su di noi.

Così la luce celeste si versa dunque dalle sacre Piaghe del Signore, tre volte
Benedetto, sulle tenebre del Purgatorio e le tenebre di questo mondo
passeggero e decaduto, per purificarci dei nostri peccati e per avvicinarci a Lui che è la fonte e il Padre delle luci, come abbiamo sentito nell’Epistola di oggi di San Giacomo (1,17-21), presso cui non c’è mutamento né ombra di variazione.

In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti.

Impetrazione

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In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti.

Nel Vangelo odierno nostro Signore Gesù Cristo + dice:” Se chiederete
qualcosa al Padre nel mio nome, Egli ve la darà …” (Gv.16,23-30), questo però
è precisamente ciò che facciamo nella Santa Messa quando preghiamo a Dio
Padre per “Christum Dominum nostrum”.

Cogliamo dunque l’occasione per meditare oggi sulla quarta finalità della
Santa Messa che è quella dell’impetrazione, o petizione, assieme alle grazie
che ne risultano. Questo lo facciamo in rapporto particolare al rito romano
antico stabilito e codificato da San Pio V di cui oggi celebriamo la Festa.

Tre sono, dunque, le categorie di persone che approfittano, ossia beneficiano,
del Sacrificio della Santa Messa:
1) prima la Santa Chiesa Cattolica, la Chiesa Trionfante cioè gli Angeli e i Santi
del Paradiso nel cui onore viene offerta la Santa Messa, come prega il
Celebrante nell’Offertorio; la Chiesa Purgante, cioè le Anime del Purgatorio che
ricevono consolazioni ed anche liberazione dalle loro sofferenze; e la Chiesa
Militante, cioè noi battezzati sulla terra a cui viene elargita la divina grazia per
la loro battaglia contro il male.
2) La seconda categoria è quella delle intenzioni speciali del Celebrante che lui
ricorda soprattutto nel “memento dei vivi e dei morti”. Queste sono le
intenzioni per i membri della Chiesa, ma il celebrante può aggiungere altre
intenzioni per altre persone non membri della Chiesa, o per qualsiasi altra
intenzione, quale per esempio la conversione di una determinato peccatore.
3) La terza categoria è il Celebrante stesso con i fedeli che sono presenti,
questa categoria viene espressa con le parole: “tutti i circostanti”, e “nobis
quoque peccatoribus”. Dunque solo essendo presenti alla Santa Messa
riceviamo grazie.

Su tutte queste tre categorie di persone, dunque, le grazie di Dio saranno
elargite in abbondanza tramite il Santo Sacrificio della Messa.

La Santa Messa viene offerta in primo luogo per i membri della Chiesa, in
secondo luogo, come abbiamo visto, anche per altre intenzioni del celebrante,
come anche dei fedeli presenti.

Queste intenzioni sono sia per i beni sovrannaturali: la santificazione, la
salvezza delle anime e la stessa gloria di Dio; sia per beni naturali e temporali,
se sono compatibili con quelli sovrannaturali. Non c’è dono né grazia così
grande che non si possa chiedere mediante la Santa Messa, poiché ciò che
chiediamo è creato e finito, ma ciò che offriamo è divino. Dice Padre M.
Cochem: “è impossibile che Dio generoso che vuole ricompensare anche una
bevanda di acqua fresca (cfr. Mt.10,42) non ci lascerà senza compenso se Gli
offriamo con riverenza il Calice del Sangue del Suo Figlio Divino”.

Avendo parlato dei frutti del Santo Sacrificio della Messa, carissimi fedeli
vogliamo guardare adesso ai frutti del Sacramento in particolare, cioè la Santa
Comunione. Innanzi tutto notiamo che solo i cattolici (come dico sempre prima
della predica) nello stato di grazia possono ricevere beneficio dalla Santa
Comunione.

Un primo frutto di questa è che ci unisce a Cristo, e dunque ci da, o ci
aumenta, la divina grazia, le virtù infuse e i doni dello Spirito Santo, come
dichiara il sacro Concilio di Firenze (1431) “ci nutrisce spiritualmente
sostenendo, aumentando, riparando e dilettandoci in modo spirituale”.
Il sacro Concilio di Trento (1545) descrive la Santa Comunione similmente
come “cibo delle anime con cui siamo nutriti e confortati, vivendo della vita di
Colui che disse: “colui che mangia di me, vivrà per me” “(Gv.6,57).

Un secondo frutto della Santa Comunione è che ci ottiene la gloria eterna. Il
Concilio di Trento dichiara: “Egli voleva che fosse un pegno della nostra futura
gloria e perpetua felicità”. Qua possiamo citare di nuovo San Giovanni nel
capitolo 6 “se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno”. La ragione per la
quale la Santa Comunione ci ottiene la gloria eterna è che contiene il nostro
Signore Gesù Cristo, Che ci da la gloria.

La Santa Comunione è un cibo che conforta l’anima proprio affinché possa
perseverare fino a quando otterrà questa gloria. Un modo che conforta l’anima
e che la rende forte contro le tentazioni, e San Giovanni Crisostomo scrive a
riguardo che la Santa Comunione, essendo un segno della Passione del
Signore, respinge gli attacchi dei dèmoni perché sono stati vinti dalla stessa
Passione.

Un terzo frutto della Santa Comunione è che rimette i peccati veniali e la loro
pena, come dichiara Benedetto XII col suo libello agli Armeni, e altrettanto il
sacro Concilio di Trento. La Santa Comunione ha questi effetti in quanto
aumenta in noi la vera carità.

Ora, il frutto che viene ricevuto dalla Santa Messa e dalla Santa Comunione,
dipende dalle disposizioni del celebrante, dei fedeli che sono presenti, e le
persone per cui il frutto viene richiesto: dipende ciòè dal grado di devozione del
celebrante, dei fedeli presenti e comunicanti, e dall’apertura alla grazia delle
persone beneficiare a ricevere la grazia; è naturale che più grande sarà la
devozione, più grande sarà il beneficio.

Concludiamo queste considerazioni con una citazione dell’Imitazione di Cristo
che esprime con parole sublimi la devozione della persona che si accosta alla
Santa Comunione. Viene dal IV Libro capitolo 17 e la cui lettura raccomando
tutti, citando oggi solo l’inizio:

” Con devozione grandissima e con ardente amore, con tutto lo slancio di un
cuore appassionato, io desidero riceverVi, o Signore, come Vi desiderarono,
nella Comunione, molti santi e molti devoti, a Voi massimamente graditi per la
santità della loro vita e per la loro infiammata pietà. O mio Dio, amore eterno
che siete tutto il mio bene, la mia felicità senza fine, io bramo riceverVi con
intenso desiderio e con venerazione grandissima, quale mai poté avere o
sentire santo alcuno. Anche se non sono degno di sentire tutta quella
devozione, tuttavia Vi offro tutto lo slancio del mio cuore, come se io solo
avessi tutti quegli accesi desideri, che tanto Vi sono graditi. Ché anzi, tutto
quel che un animo devoto può concepire e desiderare, tutto questo io lo porgo
e lo offro a Voi, con estrema venerazione in pio raccoglimento. Nulla voglio
tenere per me, ma voglio immolarVi me stesso e tutto quello che ho, con scelta
libera e altamente gioiosa”.

In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti.