La Pazienza

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  1. La Natura della Pazienza


In varie domeniche dell’anno liturgico, la liturgia romana ci propone il tema della carità. Cos’è la carità? Alcuni ritengono che sia il dare soldini ai mendicanti per strada, invece è qualcosa di ben diverso. La carità è Dio: Deus caritas est:
– La carità nel primo luogo è quell’amore che costituisce la natura di Dio Stesso;
– in secondo luogo è quell’amore con la quale Egli ci ama;
– in terzo luogo è l’amore con il quale noi amiamo Lui ed il prossimo in Lui.


La carità è un amore sovrannaturale, che, come tale, richiede da parte dell’uomo il battesimo e lo stato di Grazia. Il Dalai Lama, ad esempio, tra tutte le sue virtù, non possiede la carità; qualcuno nello stato di peccato mortale non possiede la carità. Il Dalai Lama si deve fare battezzare ed il peccatore si deve convertire: altrimenti non potranno amare Dio come Egli lo vuole: ovvero con la carità, e non si potranno salvare.


‘Nella sera della vita saremo esaminati sulla carità’, dice san Giovanni della Croce. Questo esame, carissimi amici, è un affare di importanza vitale, perché determinerà la nostra eternità. Se qualcuno muore senze la carità (ovvero nello stato di peccato mortale) sarà condannato all’Inferno; se muore con la carità, invece, raggiungerà il Paradiso, ed il grado della sua carità determinerà il suo grado di gloria in Paradiso: il grado secondo cui potrà conoscere ed amare le infinite perfezoni di Dio per tutta l’eternità.


‘La Carità è paziente’ dice san Paolo, ed è su questa virtù che ci vogliamo soffermare oggi. La pazienza è un’alta virtù che san Paolo pone subito dopo la carità, come per dire che ne sia il componente principale. Nei proverbi 16.32 leggiamo che ‘il paziente è meglio del forte’, e ‘chi domina la propria anima è meglio del conquistatore di città.’ San Gregorio Magno, che regnava sulla santa Chiesa dall’ anno 590 all’anno 604, spiega che il paziente è meglio del forte in quanto è maestro non su città bensì su se stesso; espone la parola del Signore nel vangelo di san Luca ‘Nella pazienza possederete le vostre anime’ nello stesso senso: il paziente possiede la sua anima in quanto ne è il maestro, sottomettendola, come si deve, sotto la ragione.


Lo stesso papa insegna che per essere pazienti non basta un comportamento esterno: occorre anche la pazienza interna; non basta neanche uno spirito di tolleranza, ma anche uno spirito benigno – è per questo, infatti, che se reagiamo pazientemente ad un contrattempo o ad un’offesa, occorre che rimaniamo pazienti anche dopo: quando l’idea del contrattempo, e sopratutto dell’offesa, ci torna in mente. Lui spiega che il demonio si indegna molto se qualcuno reagisce ad un’offesa con pazienza. E perciò torna all’attacco più avanti per vindicarsi col ricordo dell’offesa, spingendo la persona con violenza a perdere controllo di se stesso, ed a peccare.


Così è la pazienza. È un tipo di carità che si può esercitare verso Dio e verso il prossimo spesse volte al giorno; è un tipo di mortificazione, si può dire, tramite la quale combattiamo le tre concupiscenze e le sottomettiamo alla ragione per possedere le nostre anime, un tipo di mortificazione, inoltre, per sopportare un male che Dio ci manda, piuttosto di un male scelto da noi: per questo è anche più meritevole. Santa Teresa d’Avila dice che è meglio sopportare con pazienza tutte le contrarietà ed avversità di una giornata, che non digiunare a pane ed acqua per tutto un anno.
Fiat! Fiat!


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