I sensi esterni

+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

Innanzitutto mediteremo sui sensi esterni. La prima cosa da dire sui sensi esterni è che nello stato della natura caduta essi cercano piaceri fino ad un grado disordinato, senza occuparsi troppo della questione della loro liceità. Si può dire di fatti che il corpo cerca soprattutto i piaceri illeciti senza badare ai dettami delle facoltà superiori dell’anima: cioè dell’intelletto e della volontà. I sensi, e parliamo qua principalmente dei sensi della vista, dell’udito, del gusto, e del tatto, sono come porte aperte tramite cui entrano nell’anima impressioni, tra le quali si insinua furtivamente il sottile veleno dei proibiti diletti.

Per questo motivo occorre un’attenzione tutto particolare nell’uso dei quattro sensi: a ciò che guadiamo, ascoltiamo, gustiamo, e tocchiamo.

Quanto alla vista è già chiaro che bisogna evitare l’oscenità, ma anche non soffermarci su ciò che ci possa eccitare la sensualità, e condurre più avanti a pensieri o fantasie fuori luogo. Per mantenere uno spirito di raccoglimento ci è utile altresì di non cedere costantemente ad uno spirito di curiosità – guadando in giro a tutti che passano o, come gli animali, a tutto ciò che si muove intorno.
Quanto all’udito, non ascoltiamo niente che sia contraria alla purezza, alla carità, all’umiltà e alle virtù cristiane, perchè, come dice san Paolo: ‘le conversazioni cattive corrompono i buoni costumi.’ O non sappiamo come una sola parola, oppure un’allusione o persino una insinuazione possa bastare per seminare nel cuore un’idea malsana che più tardi si può coltivare e trasformare in desiderio? Ma anche se non siamo a rischio di esser trascinati verso i desideri più bassi, tali discorsi ci tolgono la pace, terniscono la purezza di un’anima che ama Dio, e tirano un velo di oscurità sopra la luce della speranza pura ed innocente. I discorsi contro la carità, invece, nelle parole di padre Tanquerey su cui ci appoggiamo in questo articolo, ‘causano divisioni perfino nelle famiglie, diffidenze, inimicizie, rancore.’

Se ci troviamo in cattive compagnie, non partecipiamo alle loro conversazioni, vigiliamo anche sulle minime parole, cambiamo discorso, testimoniamo uno spirito autenticamente cattolico, o, se possibile, ci sottraiamo e evitiamo di frequentare tale persone pel futuro. A cosa servono queste compagnie d’altronde, se no di perdere tempo prezioso, e di contaminare l’anima sia moralmente che spiritualmente?

Per mantenere uno spirito di raccoglimento, è bene inoltre, come abbiamo già fatto notare nel caso della vista, di non ascoltare tutto ciò si dice intorno, per non mancare a niente. ‘Cosa?’ chiediamo, ‘Cosa ha detto?’ quando qualcuno fa un’osservazione che abbia forse interessato o fatto ridere tutti i presenti. Raccogliamoci piuttosto, tacciamo e non indulgiamo sempre la curiosità.

Quanto al gusto, da evitare è l’eccesso di quantità, varietà, e raffinatezza. La quantità può essere o nei pasti o nel mangiare fuori pasti; la varietà viene proposta dal consumismo della società che ci trascina verso una cornucopia sempre crescente di prodotti ricercati. Perché collaborare? E a cosa serve la raffinatezza? Come mai cerchiamo il migliore in tutto? Siamo modesti nel mangiare! E’ cosa buona fare un piccolo rinunzio ad ogni pasto: a volte non prendere di più di qualcosa che ci piace, a volte non prendere il sale o lo zucchero. Proviamo in somma ad evitare ogni eccesso: anzi a non soddisfare pienamente ognuno nostro più piccolo desiderio. Pensiamo al Re dei re che ha scelta liberamente la povertà in tutte le cose.

Una parola sul tatto. Ovviamente occorre la massima cautela nei rapporti con altrui per quanto riguarda questo senso che, più di tutti gli altri, è preda alla natura caduta. Non prendiamo delle libertà con altrui, sapendo bene che non solo noi ma anche loro sono vulnerabili al disordine sensuale.

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Vediamo come occorre un lavoro costante e serio sull’anima. Questo lavoro, per essere efficace, però, si deve abbinare ad un lavoro parallelo sul corpo. Il corpo in fatti è unito strettamente all’anima e questi due principi della persona umana si influiscono potentemente a vicenda. San Paolo scrive: ‘Castigo il corpo e lo riduco in schiavitù’. Nostro Signore Gesù Cristo aveva raccomandato ai discepoli la pratica moderata del digiuno e dell’astinenza, la mortificazione della vista e del tatto. Abbiamo già accennato sopra a queste pratiche, ma vogliamo concludere con qualche altro consiglio sul lavoro da fare sul corpo: non solo lodevole di per se stesso, ma che anche tende a consolidare e rinforzare il rispetto e controllo che dovremmo avere di noi stessi.

La modestia del corpo e la buona creanza ci forniscono un largo campo di mortificazione: portare vesti richieste dalla propri condizione: decenti, semplici, modeste, pulite, senza vanità o affettazioni; camminare modestamente, schivare un contegno singolare, tenere il corpo dritto, non abbandonarci mollemente sulla sedia o sull’inginocchiatoio; non cambiare posizione troppo di frequente, evitare movimenti bruschi e gesti disordinati. Sono mezzi di mortificarci senza pericolo per la salute, senza attirare l’attenzione, e che ci danno intanto grande padronanza sul corpo, e di conseguenza, anche sull’anima: come anche conviene a membra di Cristo, tempi dello Spirito Santo, chiamati a servirLo fedelmente con tutta la vita. Amen. Deo Gratias!

+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.