Cristo Re e la Sua regalità sociale

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+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

Allora Pilato Gli disse: Dunque, Tu sei Re? Rispose Gesù, Tu lo dici: Io sono Re” – Cristo è Re come Dio e come uomo. È Re come Dio in quanto possiede insieme al Padre e allo Spirito Santo il potere più alto e più perfetto su tutto l’universo; è Re come uomo in due modi: prima in virtù dell’intima unione tra la sua Divinità ed Umanità (l’Unione Hypostatica) e secondo, in virtù della redenzione che meritò per lui il potere assoluto su tutti gli uomini.

Questa regalità di Cristo su tutti gli uomini è soprattutto spirituale, ma anche sociale. Ed era per celebrare e per promuovere questa sua regalità sociale che Papa Pio XI scrisse la sua enciclica Quas primas e stabilì la festa di Cristo Re per la Chiesa universale.

Ora, la regalità sociale di Cristo è il potere del Signore di intervenire negli affari degli uomini tramite l’intermediario della Santa Chiesa Cattolica. Lo scopo di questa intervenzione è che non solo i privati ma anche i magistrati e i governanti venerino Cristo pubblicamente e Gli prestono obbedienza; che non solo individui ma anche le società (nonché tutto il genere umano) si sottomettano all’impero ed alla podestà sovrana di Gesù Cristo.

Ebbene, a questo grave obbligo dell’uomo ad assumere il giogo di Cristo nell’ambito sociale si oppone la tesi nefasta e perniciosa del ‘Secolarismo’. Questa tesi, sviluppatasi a partire dal ‘900 è, nelle parole di San Pio X (Vehementer nos 1906) “la negazione chiarissima dell’ordine sovrannaturale. Essa rivoluziona ugualmente l’ordine molto saggio stabilito da Dio nel mondo; ordine che esige un’armoniosa concordia tra la Società Civile e la Società Religiosa. Queste due società hanno in effetti gli stessi soggetti, visto che ognuno di esse esercita nel proprio campo la sua autorità su di essi. La laicità dello Stato infligge gravissimi danni alla Società Civile stessa, perchè non può né prosperare né durare a lungo, quando non si crea un posto alla Religione.”

Purtroppo questa opposizione alla regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo è entrata fino a un certo qual grado anche nella mente di certi uomini della Chiesa, cioè nella loro prontezza di separare la Chiesa dallo Stato; nell’Ecumenismo di cui Pio XI scrive: “La Religione Cristiana fu eguagliata ad altre religioni false, ed indecorosamente abbassata al livello di queste”; e finalmente nella promozione di prosperità, progresso, e pace sociale senza riferimento a Colui che è (nelle parole dello stesso Papa) “l’unico autore della prosperità e della vera felicità sia per i singoli cittadini, sia per gli stati.”

L’opposizione al Regno di Cristo è stata espressa e preannunciata già nella parabola della gente che disse “non vogliamo che lui regna su di noi”, e sarà vendicata nel Giudizio Universale quando nelle parole della stessa enciclica: “Cristo scacciato dalla societa’ o anche solo ignorato e disprezzato, vendicherà acerbamente le tante ingiurie ricevute, richiedendo la Sua regale dignità affinchè la società intera si uniformi ai Divini Comandamenti e ai princìpi cristiani, sia nella legislazione e l’amministrazione della giustizia, sia nel provvedere per la gioventù una sana educazione morale.”

Esempi di questi crimini degli stati contemporanei abbiamo visto nelle iniziative del tutto vergognose di proporre come matrimonio alleanze abominevoli ed intrinsecamente pervertite, e di proporre con un sottile e menzognere velo di decenza sotto il nome di “corsi sul corpo e affettivita’” dei programmi per offuscare le menti dei nostri figli, distruggere le loro anime, e di massacrare i non-nati che si potrebbero concepire in seguito alla licenza morale a loro avvocata.

Chi possiede oggi il coraggio tra i nostri governanti o i nostri Prelati di ergersi contro questi oltraggi alla legge naturale , alla legge divina, alla ragione stessa, ma soprattutto a nostro Divino Re? Dove è lo spirito che abbiamo visto cento anni fa in Messico, lo spirito dei Cristeros che si sono opposti al regime anti-cattolico del loro Stato, che prestarono guiramento di fedeltà a Cristo Re e alla Santissima Vergine di Guadalupe, e ricevevano il Crocefisso al collo per mano del sacerdote e salutarono i loro compagni col saluto “arrivederci in Paradiso” come preludio al loro probabile martirio?

Dove lo spirito del loro capo, l’avvocato Josè Anacleto Gonzalez Flores, che morì torturato pregando per il suo carnefice, lo spirito espresso nel suo testamento nelle parole seguenti: “Gesù misericordioso! Miei peccati sono più numerosi delle gocce di sangue che versaste per me. Non merito di appartenere all’esercito che difende i diritti della Vostra Chiesa e che lotta per Voi. Vorrei non aver mai peccato in modo tale che la mia vita sia un’offerta gradevole ai Vostri occhi. Lavatemi dalle mie iniquità e purificatemi dei miei peccati. Per la Vostra Santa Croce, per la mia Santissima Madre di Guadalupe, perdonatemi! Non ho saputo fare penitenza dei miei peccati, per questo motivo voglio ricevere la morte come una punizione meritata per essi. Non voglio combattere, ne vivere, ne morire, se non per Voi e per la Vostra Chiesa. Madre Santa di Guadalupe accompagnate nella sua agonia questo povero peccatore. Concedetemi che il mio ultimo grido sulla terra ed il mio cantico nel Cielo sia, Viva Cristo Re!”