I misteri gaudiosi

+ In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen.

Meditiamo i misteri gaudiosi del santo Rosario, ispirati dai testi di sant’ Alfonso de’ Liguori presi dal suo libro ‘Le glorie di Maria.’

  1. L’Annunziazione

Fu rivelato ad una certa monaca che l’Arcangelo Gabriele era venuto portando la sua grande ambasciata proprio mentre la Madonna stava sospirando e pregando Iddio con maggior desiderio di mandare al mondo un Redentore.

L’Arcangelo entra e dice: ‘Ave, piena di Grazia, il Signore è con te.’ Come ha reagito a questo saluto del tutto straordinario? Leggiamo che la Madonna fu turbata a queste parole  –  non turbata alla vista di un angelo, o ad un avvenimento così eccelso, bensì  turbata alle sue parole – ovvero alle lodi così eccelse espresso in esse. Come ha detto a santa Brigida: ‘Non volevo la mia lode, ma solo quella del Creatore e del Datore di ogni bene: Volevo solo che Lui fosse lodato e benedetto.’

Qua, dunque, la Madonna rivela la sua profonda umiltà, e quando l’Arcangelo spiega il progetto di Dio per lei, rivela inoltre la sua perfetta obbedienza: ‘Ecco l’ancella del Signore, facciasi di me secondo la tua parola.’

E appena proferite quelle parole, subito il Figlio di Dio divenne anche il figlio di Maria. ‘O fiat potente’ esclama san Tommaso da Villanova, ‘o fiat efficace, o fiat sopra ogni altro venerando! perché cogli altri fiat Iddio creò la luce, il cielo, la terra, ma con questo fiat di Maria, un Dio divenne uomo come noi.’

  1. La Visitazione

La scena cambia e ci troviamo in viaggio con la Beatissima Vergine Maria verso la casa della sua cugina, santa Elisabetta. La santa carità la spinge ad andare frettolosamente nella montagna per essere vicina a sua cugina nel tempo della sua gravidanza.

‘Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno’ esclama santa Elisabetta. La salute con lode, come lo aveva fatto l’Angelo. Ma la santissima Vergine ci rivela di nuovo la sua profonda umiltà: Non trattenendosi su queste grandi lodi, lei rivolge la nostra attenzione piuttosto su dio stesso, Creatore e Datore di queste grandi cose: ‘Magnificat anima mea Dominum: l’anima mia magnifica il Signore, ed il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore…’

Ora, questa Visitazione di Maria (come spiega sant’Alfonso) porta un cumulo di grazie alla casa di Elisabetta: Lei fu ripiena dello Spirito santo ed il suo figlio, san Giovanni Battista, viene santificato già nel suo grembo. Queste grazie, che sono le prime che sappiamo essersi fatte sulla terra dal Verbo Incarnato, sono un modello per tutte le altre, in quanto passano attraverso la santissima Vergine Maria: perché tutte le grazie che abbiamo ricevute e riceveremo passano attraverso le mani immaculate di nostra Regina Maria, Mediatrice di tutte le grazie.

  1. La Natività

Ecco la santissima Vergine accanto al suo Figlio Divino, adesso manifestato agli uomini. I pastori hanno raccontato alla Sacra Famiglia come un angelo gi aveva proclamato che: ‘Oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore che è il Cristo Signore’, e come poi una moltitudine dell’esercito celeste era apparsa che lodava Dio e diceva: ‘Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà.’

Questa volta non sono rapportate parole della Madonna: leggiamo solo che: ‘Maria da parte sua serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.’ La vediamo piuttosto assorta nella contemplazione delle cose di Do, di Dio che adesso lei può tenere nelle sue braccia immaculate; la vediamo come la possiamo immaginare prima della Annunziazione e della Visitazione: in silenzio, raccolta, pregando, tutta la sua bell’anima concentrate e protesa verso Dio, il suo Salvatore.

Prendiamo questa figura serena della Madonna assorta nella contemplazione come modello della propria preghiera.

 

  1. L’Offerta di Gesù nel Tempio

Nel quarto e nel quinto mistero subentrano elementi di sofferenza nei misteri gaudiosi, anticipando le sofferenze che mediteremo nei misteri dolorosi: di fatti solo i misteri gloriosi sono esclusivamente gaudiosi.

Le sofferenze di questa Madre così buona e così devota non tarderanno, dunque, a venire. Ecco nel quarto mistero il profeta Simeone nel Tempio, che dopo aver ricevuto il divin Figlio tra le braccia, le predice che quel suo Figlio dev’essere ‘il segno di contradizione e di persecuzione degli uomini, e che perciò la spada del dolore deve trapassarle l’anima.

La stessa Vergine disse a santa Matilda che a questo avviso del profeta Simeone, tutta la sua allegria se le convertita in mestizia, sapendo adesso in particolare e più distintamente le pene e la morte spietate che aspettavano il povero Figlio.

Rivelò la Madonna a santa Brigida che, vivendo in terra, non aveva infatti un’ora in cui questo dolore alla sofferenza del suo Figlio, non la trafiggesse: ‘NutrendoLo, pensavo al fiele ed all’aceto; rivolgendoLo nelle fascie, pensavo alle funi con le quali sarebbe legato portando la croce su cui sarebbe crocifisso; e Lo figuravo morto, quando Lo vedevo addormentato. Ed ogni volta che Lo vestivo della Sua tunica, pensavo che un giorno Gli sarebbe stata strappata da sopra per crocifiggerLo; e quando miravo quelle Sue sacre mani e piedi, pensavo ai chiodi che L’avevano da trafiggere: I miei occhi’, disse a santa Brigida, ‘si riempivano di lagrime, ed il mio cuore fu straziato dal dolore.’

  1. Lo Smarrimento di Gesù

Nel quinto mistero meditiamo lo smarrimento di Gesù.

Sant’Alfonso scrive: ‘Chi nasce cieco poco sente la pena d’essere privo di vedere la luce del giorno, ma a chi un tempo ha avuto gli occhi e goduta la luce, troppo duro poi si rende con la cecità il vedersene privo.’ E così era per la santissima Vergine Maria che, avendo conosciuto Dio, che è la luce increata, nella persona del Suo Figlio, ne venne privata.

Origine dice che per l’amore che questa santissima Madre portava al suo Figlio, patì più in questa perdita di Gesù, che qualunque martire non abbia sofferto di dolore nella sua morte. La sofferenza era particolarmente acuta, dice un pio commentatore, in quanto la sua umiltà le faceva credere essere indegna di starGli più vicino ad assisterGli in questa terra ed avere cura di un tanto tesoro – pensava forse che lei abbia commessa qualche negligenza per cui Egli l’aveva lasciata.

Sant’Alfonso conclude: ‘Infelice e misere veramente sono quell’anime che hanno perso Dio. Se pianse Maria la lontananza del Figlio per tre giorni, quanto dovrebbero piangere i peccatori che hanno persa la divina grazia, a cui dice Dio: ‘Voi non siete il mio popolo, ed io non sarò Vostro Dio’ (Osea).

Carissimi fedeli, se qualcuno che legge queste parole non sia nello stato di grazia, che provi a ricuperarla quanto prima; altrimenti preghiamo di non perderla mai, assieme alla dolce presenza del Signore nel cuore. Ma ancor più preghiamo di avvicinarci sempre di più a Dio, secondo l’esempio della santissima Vergine Maria: la nostra Amica, la nostra Madre, la nostra Regina. Amen.

Ringraziamento nella Messa

+ In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti. Amen.

San Paolo ci ammonisce oggi di non parlare della fornicazione, di impurità o di avarizia, né di ciò che è vergognoso, sciocco, o scurrile, ma piuttosto di ringraziare. Dice lui: siamo i figli dilettissimi di Dio e dunque dobbiamo camminare nel Diletto; siamo i figli della luce della quale i frutti sono la bontà, la giustizia e la verità.

Bisogna esaminarci, carissimi fedeli, sulle nostre parole: i giornali e la televisione ci presentano, quasi unicamente, una visione di una realtà tenebrosa, impura, e vergognosa che non è materia degna delle parole, né delle meditazioni di noi cattolici redenti che siamo nel Sangue preziosissimo del Signore. Piuttosto bisogna ringraziare.

Chiediamoci, dunque oggi, che cosa è il ringraziamento, o la gratitudine? La gratitudine è la virtù che inclina l’uomo a riconoscere ed a retribuire i benefici che ha ricevuto da un altro. E’ una virtù necessaria e bellissima, tra l’altro perché promuove la carità e l’umiltà.

Promuove la carità in quanto unisce i cuori di coloro che danno a coloro che ricevono, e promuove l’umiltà in quanto colui che rende grazie, si sottomette al suo benefattore. Per questi motivi è una virtù che i genitori devono istillare con la massima cura nei cuori dei loro figli.

L’oggetto principale, allora, della nostra gratitudine deve essere Dio stesso. Come tale fa parte della virtù della religione che è la virtù di rendere il culto debito a Dio, e si manifesta nella Preghiera.

La nostra Preghiera non deve essere solo petizione ma anche ringraziamento. Non siamo come coloro che chiedono qualche artefatto in un negozio con grande gentilezza, e quando lo ottengono non dicono più niente.

Non siamo come i lebbrosi guariti dal Signore di cui solo uno è tornato per ringraziarLo, ma piuttosto proviamo a far corrispondere la gratitudine alla petizione, in un equilibrio armonioso e perfetto, col cuore amorevole ed umile. Nel sublime nostro Prefazio della Santa Messa sta il dialogo tra Sacerdote e fedeli che, secondo Dom Prosper Guéranger, è “antico quanto la Chiesa e tutto ci fa credere che siano stati gli stessi Apostoli a fissarlo, poiché si incontra nelle Chiese più antiche e in tutte le Liturgie”.

In questo dialogo il Sacerdote dice: “Rendiamo grazie al Signore – Gratias agamus Domino Deo nostro”, i fedeli rispondono: “Dignum et iustum est– è degno e giusto”, il Sacerdote continua si può dire nella persona della Chiesa docente: ” Vere dignum et iustum est, aequum et salutare, nos tibi semper et ubique gratias agere: Domine, sancte Pater, omnipotens aeterne Deus: per Christum Dominum nostrum” (E’ veramente degno e giusto, è nostro dovere e nostra salvezza, renderti grazie sempre e ovunque, o Signore, Padre santo, Dio eterno e onnipotente, mediante il Cristo nostro Signore).

In questo dialogo osserviamo la frase “semper et ubique”, sempre e ovunque: Bisogna ringraziare il Signore dunque, per tutto, per il bene ma anche per il male, perché il male è per il nostro ultimo bene, così come ringraziamo un medico per un trattamento anche se ci fa male temporaneamente.

Se l’oggetto principale della nostra gratitudine e ringraziamento è Dio stesso, la sua forma più alta è la Santa Messa perché, nella Santa Messa, e solo nella santa Messa riconosciamo i benefici di Dio a noi e li retribuiamo in modo adeguato.

Riconosciamo i suoi benefici che sono soprattutto il Sacrificio di Nostro Signore Gesù Cristo + per amore di noi sul monte Calvario, e Glieli retribuiamo con l’offerta di questo stesso Sacrificio a Lui durante i Sacri Misteri. Questa retribuzione è adeguata in quanto offre Nostro Signore Gesù Cristo + in riscambio per nostro Signore Gesù Cristo + : in quanto offre Dio in riscambio per Dio, come prega il Sacerdote nella Santa Messa: “Cosa renderò io al Signore per tutte le cose che ha dato a me? Prenderò il Calice della salvezza e invocherò il nome del Signore”.

Sempre nelle parole di Dom Guéranger leggiamo: “il Sacrificio del Corpo e del Sangue di Cristo è per noi il mezzo privilegiato per ringraziare la Divina Maestà, poiché solo attraverso di Esso possiamo rendere a Dio tutto ciò che Gli dobbiamo”. Il fatto che questo ringraziamento passa attraverso il Signore, viene espresso alla fine del Prefazio con le parole “per Christum Dominum nostrum”.

La Santa Messa, per questi motivi, è un grande atto di ringraziamento a Dio, anzi, l’atto di ringraziamento in assoluto: Perciò la Santa Messa si chiama anche Eucharistiache significa, appunto, ringraziamento.

Il ringraziamento a Dio, però, non è completo senza l’offerta di sé stessi a Dio Padre in unione all’offerta di Dio Figlio. Se nostro Signore si è dato completamente a noi, bisogna che noi ci diamo completamente a Lui. Così nel Santo Sacrificio della Messa, nella Eucharistia, ci uniamo a nostro Signore Gesù Cristo + nell’offertorio, quando il celebrante offre in anticipo il Divino Agnello al Padre; ci uniamo a Lui nella Consacrazione quando quel Divino Agnello viene immolato; e ci diamo a Lui in quella Preghiera che si chiama (in senso stretto) ‘il ringraziamento’ dopo la Santa Messa: ci diamo a Lui come Lui si dona a noi, ossia in modo completo ed intero.

Bisogna ringraziare, dice San Paolo, e questo soprattutto nella Santa Messa, ma anche in tutta la nostra vita in un atteggiamento di riconoscenza per tutti i benefici di Dio e nel desiderio di retribuirli; ma soprattutto con l’offerta a Dio costante di tutto ciò che facciamo, diciamo, e pensiamo, di tutto ciò che siamo, alla gloria della Santissima Trinità. Amen.

+ In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti. Amen.
Sia lodato Gesù Cristo.

Adorazione (1)

+ In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.

Queste ultime Messe dopo l’Epifania, prima del secondo ciclo dell’Anno liturgico, che va fino a Pasqua, le sante Messe cominciano con le parole « Adoráte Deum, omnes Angeli eius » e voglio cogliere l’occasione per parlare dell’Adorazione.

Uno scrittore francese ha detto una volta che si potrebbero risolvere tutti i problemi del mondo se l’uomo facesse una cosa sola, e questa cosa è adorare Dio. Questo è lo scopo della creazione dell’uomo e degli angeli. Questo scopo si raggiunge in parte già sulla terra, ma nella sua pienezza nel cielo.

Ora, l’adorazione è il tipo di onore che e’ dovuto a Dio. L’onore di se stesso e’ l’atteggiameto dovuto ad un altro in virtù della sua eccellenza superiore, per mostrare la propria sottomissione a lui, mentre l’adorazione e’ quell’atteggiamento dovuto proprio a Dio in virtu’ della Sua eccellenza infinita, che esige la nostra pienissima sottomissione. L’obbligo di adorare Dio viene espresso nel primo Comandamento: « Io sono il Signore Dio tuo, non avrai altro Dio avanti a me », perchè questo Comandamento ci comanda di adorare Lui solo come nostro supremo Signore. Viene espresso ugualmente nel Deuteronomio con le parole citate dal nostro Signore Gesù Cristo + a Satana: « Adora il Signore Dio tuo, e a Lui solo rendi culto »  (cfr. Tentazioni di Gesù + nel deserto, riportate nei vangeli di: Matteo 4,1-11, Marco 1,12-13 e Luca 4,1-13).

L’adorazione è sia interna, cioè mentale; sia esterna, cioè corporale. L’adorazione interna è più importante di quella esterna, ma tutte e due sono dovute a Dio dall’uomo perchè l’uomo è composto dalla mente e dal corpo, e deve adorare Iddio pienamente, ossia con mente e anima altrettanto. Di fatti l’atto esterno di adorazione è necessario per eccitare il nostro affetto per sottomettersi a Dio, e l’adorazione interna, se è autentica, ci preme a manifestarla in gesti esterni.

L’Adorazione si rende a Dio in tutti gli atti del culto divino, e in un senso particolare nel culto del Santissimo Sacramento, Che, per ricordare, non è ne segno, ne figura, ne virtù (come hanno preteso gli eretici), non è pane che contiene Dio come tutte le cose contengono Dio, non è pane benedetto, non è pane sacro, non è neanche la divinità sotto le apparenze di pane, ma Gesù Cristo + sotto l’apparenza di pane nella Sua divinità e nella sua umanità: Corpo, Sangue, ed Anima: per questo il Santissimo Sacramento esige un culto particolare dell’adorazione.

Per ricordare: quando il Santissimo Sacramento è esposto, si fa una doppia genuflessione e un inchino di testa profondo entrando in chiesa, passando davanti al Sacramento, e lasciando la chiesa; quando il Sacramento è nel tabernacolo, si fa una genuflessione semplice entrando, passando, e uscendo, si prende l’acqua benedetta, si fa un segno di Croce + venendo e partendo, e non si parla. Se si deve comunicare qualche cosa ad altrui nella chiesa, si fa a voce bassa.

In questo riguardo, carissimi fedeli, non possiamo non accennare alla mancanza di adorazione da parte dei fedeli moderni, purtroppo anche dei membri del clero, intermediari che siamo fra Dio e l’uomo, entrando in chiesa e passando davanti al Santissimo senza il minimo segno di rispetto, parlando a voce alta come se fossero in un luogo di incontro pubblico, o in un museo, anche al telefonino, e, carissimi amici, ricevendo la santissima Eucarestia dopo esser mancati alla santa Messa domenicale, o alla santa purezza con altrui o da soli…

La Santa Eucarestia è, come scrive Romano Amerio: il fastigio del sacro, il mezzo per cui tutte le anime vengono condotte indietro all’Uno Dio, che è la loro origine. Non c’è niente che è più grande, più glorioso, ne più prezioso sulla terra. Se abbiamo trascurato la Santissima Eucarestia, abbiamo trascurato tutto!

L’atto principale dell’Adorazione è il Sacrificio, nel quale la sottomissione dell’uomo a Dio viene espressa, nel senso stretto, dalla distruzione di una cosa sensibile che rappresenta l’uomo stesso. Così l’uomo riconosce la Maestà e la perfezione infinite dell’Essere Divino, ed il Suo sovrano dominio sopra l’uomo, che è venuto all’esistenza, che esiste, e che è stato salvato per mezzo Suo.

La distruzione della cosa sensibile rappresenta l’offerta definitiva a Dio della vita e di tutto l’essere dell’uomo: il suo corpo, la sua anima, la sua intelligenza, la sua volontà, e tutto ciò che è.

Il Sacrificio perfetto, l’atto di Adorazione perfetto, è quello del Calvario, perchè è il Sacrificio di Dio a Dio, il puro e il perfetto Sacrificio, il Sacrificio per eccellenza. Questo Sacrificio viene perpetuato nel santo Sacrificio della Messa che è lo stesso Sacrificio.

A questo Sacrificio l’uomo partecipa: il celebrante in modo sacramentale e spirituale, il fedele in modo spirituale. La partecipazione spirituale a questo Sacrificio consiste nel sacrificare se stessi in unione col santo Sacrificio del Calvario. Quanto sublime è la nostra vocazione cattolica, non è per niente che siamo obbligati ad assistere alla Santa Messa ogni settimana!

Adoriamo dunque Dio durante la Santa Messa, e ogni giorno col sacrificio di noi stessi e di tutta la nostra vita e tutta la nostra persona, colle gioie e colle pene, affinchè un giorno possiamo adorarLo + pienamente in Cielo con gli Angeli, secondo lo scopo unico della nostra creazione.

+ In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.

Adorazione (2)

+ In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.

In queste ultime domeniche dopo l’Epifania, la santa Messa, come ho menzionato l’altra volta, comincia con le parole: “Adoráte Deum, omnes Angeli eius”.

La settimana scorsa ho parlato dell’Adorazione in genere; questa volta vorrei parlare dell’Adorazione propria alla santa Messa.

Come anche l’altra volta ho detto: l’atto principale dell’adorazione è il sacrificio, e il sacrificio per eccellenza è il Sacrificio della Croce, lo stesso Sacrificio della santa Messa. Questo Sacrificio, come ogni sacrificio, consiste in tre elementi:
– l’offerta della Vittima;
– la distruzione della Vittima;
– e la comunicazione della grazia.

Nella santa Messa l’offerta della Vittima è l’Offertorio, quando nostro Signore Gesù Cristo + tramite il celebrante offre Se Stesso a Dio Padre nei simboli del pane e del vino, non offre pane e vino a Dio Padre, non avrebbe senso, ma offre se stesso al Padre in modo simbolico, in un modo che anticipa l’offerta di se stesso più tardi nel corso della santa Messa.

La distruzione della Vittima secondo l’opinione comune dei teologi, compreso il Doctor Angelicus san Tommaso d’Aquino, avviene alla Consacrazione, quando il Signore si immola sull’Altare con la spada spirituale delle parole di consacrazione, nell’immagine di san Gregorio Nazianzeno.

La comunicazione della grazia avviene soprattutto nella santa Comunione quando nostro Signore Gesù Cristo + si comunica Se Stesso ai fedeli, come la grazia increata.

La differenza tra i sacrifici dell’Antico Testamento e quell’unico Sacrificio del Nuovo Testamento è che, nell’Antico Testamento, un animale viene offerto ed immolato a Dio, Che poi elargisce la sua grazia all’uomo, nel Nuovo Testamento Dio Stesso si offre e si immola a Dio, il Quale poi elargisce Se Stesso all’uomo.

Vediamo chiaramente come il sacrificio dell’Antico Testamento non è che un’ombra e un segno di quel Sacrificio per eccellenza del Nuovo Testamento.

Noi che assistiamo alla santa Messa siamo chiamati ad unirci al Sacrificio del Figlio divino al Suo Padre divino, col dono completo di noi stessi. All’Offertorio offriamo a Dio tutte le nostre azioni, le nostre gioie, le nostre sofferenze, la nostra persona e persino la nostra vita intera. Alla Consacrazione ci immoliamo completamente a Lui nello spirito, come i santi Martiri si sono immolati completamente a Lui nel corpo. Alla santa Comunione, come riscambio per il Suo dono intero di se a noi, ci diamo interamente a Lui, e nel ringraziamento che raccomando a tutti, almeno per qualche minuto dopo la santa Messa, prolunghiamo questo dono di noi stessi a Lui per la gloria del Suo santissimo Nome. Così partecipiamo al santo Sacrificio della Messa, sacrificandoci con l’Ostia Divina all’Offertorio, alla Consacrazione e dandoci a Lui nella santa Comunione.

Questo sacrificio che facciamo di noi alla santa Messa in modo diretto ed esplicito, lo dobbiamo fare anche in ogni momento della nostra vita, cioè, in modo indiretto ed implicito: tutte le nostre azioni, tutte le nostre gioie e pene vengono offerte, quando sono compiute o sentite, a Dio, così la nostra persona e la nostra vita viene trasformata in un olocausto alla Maestà Divina, viene santificata e divinizzata. Le pene e le difficoltà non ci conducono più all’impazienza, al risentimento, alle lamentele in pensiero o parola, ad un atteggiamento nichilista che la vita non abbia senso, che Dio non esista, che non si occupi di me, ad un atteggiamento, in una parola, di sfiducia in Dio, ma nella luce della fede divengono occasioni per un atto di offerta, un atto di amore verso Dio, per guadagnare meriti per l’eternità. Questo Sacrificio, questo atto principale dell’adorazione che compiamo con tutta la nostra vita e in particolar modo alla santa Messa, è un sacrificio totale, di noi stessi.

Il Signore disse: se uno non avrà rinunciato a tutto, non potrà essere il Mio discepolo.

Voglio concludere in questo riguardo con un passo di Tommaso a Kempis nel suo libro L’Imitazione di Cristo.

“Parola del diletto.
Con le braccia stese sulla Croce, tutto nudo il corpo, Io offersi liberamente Me Stesso a Dio Padre, per i tuoi peccati, cosicché nulla fosse in Me che non si trasformasse in sacrificio, per placare Iddio. Allo stesso modo anche tu devi offrire a Me volontariamente te stesso, con tutte le tue forze e con tutto il tuo slancio, dal più profondo del cuore, in oblazione pura e santa. Che cosa posso Io desiderare da te più di questo, che tu cerchi di offrirti a Me interamente? Qualunque cosa tu Mi dia, fuor che te stesso, l’ho per un nulla, perché Io non cerco il tuo dono, ma te. Come non ti basterebbe avere tutto, all’infuori di Me, così neppure a Me potrebbe piacere qualunque cosa tu Mi dessi, senza l’offerta di te. Offriti a Me; dà te stesso totalmente a Dio: così l’oblazione sarà gradita. Ecco, Io Mi offersi tutto al Padre, per te; diedi persino tutto il Mio Corpo e il Mio Sangue in cibo, perché Io potessi essere tutto tuo e perché tu fossi sempre con Me. Se tu, invece, resterai chiuso in te, senza offrire volontariamente te stesso secondo la Mia volontà, l’offerta non sarebbe piena e la nostra unione non sarebbe perfetta”
(Imitazione di Cristo Libro IV cap.VIII)

+ In nomine Patris, et Filii, et Spiritus Sancti.