Gioia

In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti.

Oggi siamo proprio nel mezzo della Quaresima, la Domenica laetare, quando anticipiamo nella liturgia la gioia della Pasqua e quella della vita eterna, simbolizzata dalla Santa Comunione a cui la moltiplicazione dei pani accenna.
Ma il tema che ho scelto per la predica di oggi è un tema diverso, un tema che dai primi tempi della Chiesa viene sempre ritenuto come il tema principale della meditazione. Il tema che ci porta, meditando, su di esso fra l’altro alla vera gioia spirituale.
Ludovico Blosio (benedettino del XVI secolo) asserisce che il considerare il leggere qualunque cosa della Passione, apporta più bene che ogni altro esercizio devoto, sant’Agostino dice persino che vale più una sola lacrima sparsa meditando la Passione di Nostro Signore che un pellegrinaggio a Gerusalemme, o tutto un anno di digiuno a pane ed acqua.
Il valore di queste meditazioni è soprattutto l’amore che ci guadagnano per Nostro Signore Gesù Cristo +.
Chi poi potrà non amare Gesù, chiede sant’Alfonso ( che è poi la sostanza di questa omelia), vedendoLo morire fra tanti dolori e disprezzi alfine di ottenere il nostro amore?
Un devoto solitario pregava Dio di insegnargli che cosa potesse fare per amarLo perfettamente, gli rivelò il Signore che per giungere al Suo perfetto amore non vi fosse esercizio più adatto che meditare spesso la Sua Passione.
Similmente fu rivelato da Dio ad un santo anacoreta che non vi è esercizio più alto ad infiammare i cuori del Divin Amore quanto il pensare alla morte di Gesù, e san Bonaventura parlando delle piaghe del Crocifisso le chiama “piaghe che impiagano i cuori più duri ed infiammano le anime più fredde”, Vulnera dura corda vulnerantia, et mentes congelatas inflammantia.

Voglio così meditare qualche aspetto della Passione del Signore proprio per accendere il nostro amore per questo Amore Crocifisso del Signore.

Il primo punto è che il Signore ha sofferto la punizione dovuta da ogni peccato (da Lui)mai commesso.
Sant’Ambrogio quando parla della Passione del Signore dice che Gesù Cristo ha dei Discepoli, ma nessuno uguale: discipulos habent, ares non habent.
I Santi hanno provato di imitare Nostro Signore nelle loro sofferenze per rendersi come Lui, ma chi ha raggiunto una sofferenza uguale a Lui? Davvero ha sofferto per noi più di tutti i penitenti, gli anacoreti, i martiri hanno sofferto, perchè Dio ha fatto ricadere su di Lui il peso di una soddisfazione rigorosa alla giustizia divina per i peccati degli uomini, Isaia dice “il Signore fece ricadere su di Lui l’iniquità di noi tutti”, et posuit Dominus in eoiniquitatem omnium nostrum (Is.53,6), e san Pietro dice ” Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno, qui peccata nostra ipse pertulitin corpore suo super lignum” (1Pt.2,24), san Tommaso d’Aquino scrive che “Gesù Cristo redimendoci non solo ha guadagnato la virtù e i meriti infiniti che appartenevano alle Sue sofferenze, ma ha scelto di soffrire una profondità di dolore sufficiente a soddisfare abbondantemente e rigorosamente tutti i peccati del genere umano”.
Questa Sua sofferenza comprende anche la vergogna personale del peccato, del peccatore, il Signore si fece tutt’uno con noi, con il capo e con il corpo, volle che le nostre colpe fossero considerate colpe sue e perciò pagò non solo con il Suo Sangue ma anche con la vergogna di questi peccati.
“L’infamia mi sta sempre davanti e la vergogna copre il mio volto” (Salmo 43),
“la vergogna mi copre la faccia; Tu conosci la mia infamia, la mia vergogna, il mio disonore” (Salmo 68).

Secondo punto: il Signore ha sofferto tutto il dolore dovuto al peccato.
Quando leggiamo le vite dei martiri, dice sant’Alfonso, ci pare al primo sguardo che alcuni abbiano sofferto dei dolori più amari di quelli del Signore, però san Bonaventura dichiara che il dolore di nessun martire poteva mai assomigliare in intensità ai dolori di Nostro Signore.
San Tommaso scrive che i dolori di Cristo erano i dolori più severi che si possono sperimentare in questa vita, san Bonaventura aggiunge che (Gesù) ha scelto di soffrire tanto dolore come se avesse commesso Egli stesso tutti i nostri peccati.
San Lorenzo Giustiniani scrive che in ognuno dei tormenti che ha subito, in virtù dell’agonia e dell’intensità della sofferenza, ha sofferto tanto quanto tutti i tormenti di tutti i Martiri insieme.
Il re Davide l’aveva predetto quando disse, nella persona di Cristo, nel Salmo 87: “Pesa su di me il tuo sdegno, sopra di me è passata la tua ira” – 8 Super me confirmatus est furor tuus; 17 In me transierunt irae tuae.
Sant’Alfonso commenta: “tutta l’ira di Dio che aveva concepito contro i nostri peccati, si è versata sulla Persona di Gesù Cristo + così che l’apostolo poteva dire di Lui che era divenuto peccato per noi, che era divenuto una maledizione per noi.

Sia lodato Gesù Cristo.
In nomine Patri, et Filii, et Spiritus Sancti.